Volume 8
Capitolo 2
Basta!
“Basta coi miraggi, basta con i terrori fittizi, basta coi fantasmi!...
La vita è reale! Non stavo forse vivendo, poco fa? [...] Sia
suo il regno dei cieli,-- [...] Ora viene il regno della ragione e della luce e...
della volontà, e della forza... e finalmente staremo a vedere!
Vedremo chi sarà il più forte!» [1]
-Dostoyevsky, Delitto e Castigo.
Lili stava dormendo. Respirava silenziosamente, distesa sul lacero sofà nel retro del negozio.
Si trovava in posizione fetale, con le sopracciglia corrugate e le labbra morse appariva tutt'altro che serena. Lacrime erano ancora visibili sul volto. Per l'ansia si era probabilmente rannicchiata, stringendosi stretta al lenzuolo con cui Karan l'aveva coperta.
"Lili... povera cara." Karan le sistemò meglio il lenzuolo. Le labbra della bambina si stavano muovendo impercettibilmente.
"Babbo... non andare," mormorava nel sonno. Le piccole dita chiuse saldamente intorno all'orlo della coperta.
Lacrime sgorgarono dagli occhi di Karan, e premette velocemente le mani contro i suoi condotti lacrimali. Piangere non avrebbe risolto nulla. Le lacrime non avevano mai risolto niente per lei; aveva pianto tutte le sue lacrime quando Shion era scomparso.
Aveva pianto ancora, ancora e ancora. Certamente, c'erano stati momenti in cui le proprie lacrime l'avevano supportata. Alcune volte, piangere le aveva permesso di cambiare la sua attitudine e compiere un uovo passo verso il domani. Aveva vissuto numerose volte una simile esperienza. Karan non aveva alcuna intenzione di negarle o vergognarsi delle sue lacrime.
Ma questa volta era differente.
Devo proteggere questa bambina. Non posso sedermi a piangere. Devo diventare più forte.
Karan accarezzò gentilmente i capelli della bambina. Doveva proteggere Lili da qualunque tipo di pericolo. Non lascerò che sia ancora triste. Non la lascerò soffrire. Non ho potuto proteggere Shion o Safu. Appunto per questo, devo proteggere Lili con tutte le mie forze.
Non mi è stato concesso quasi alcun potere: alcun potere per cambiare il mondo; nessun potere per allontanare la pioggia di sventure; alcun potere per salvare le persone che amo. Sono una persona debole, ma non impotente. C'è ancora una piccola forza in me. Userò quella forza per allargare le mie braccia, e divenire uno scudo per quelli più deboli e fragili di me.
"Babbo... babbo... ho paura."
Karan baciò delicatamente la fronte della bambina. "Lili, va tutto bene. Andrà tutto bene."
Udì bussare alla porta.
Qualcuno stava bussando alla porta del negozio in modo umile ma affrettato. Ogni volta che udiva bussare, il cuore di Karan era solito librarsi al pensiero di Shion che tornava a casa. Era sopraffatta dal bisogno di correre alla porta. Ora, era abbastanza calma da tendere un cauto orecchio al suono della porta colpita.
Non perché avesse perso la speranza. Come madre, la speranza che suo figlio potesse ritornare era saldamente radicata nel suo cuore.
Vi riunirete assolutamente.
Il messaggio di Nezumi. Quella breve lettera era l'incarnazione stessa della speranza. Una speranza che le apportava sollievo e risoluzione. Che la invitava a restare calma. Che le donava qualcosa in cui credere.
Vi riunirete assolutamente.
Sì, ma certo. Tornerai sicuramente a casa un giorno, Shion. Assolutamente. Karan si alzò, avvicinandosi alla porta.
"Karan, sei a casa? Sono io," disse una voce maschile, che sembrava in qualche modo stanca. Era Yoming, il fratello maggiore di Renka, madre di Lili. Era l'unico zio di Lili e uno dei suoi pochi parenti.
"Aspetta un attimo, Yoming. Apro subito." sollevò la veneziana e aprì la chiave della porta. Un uomo di alta statura entrò con passo incerto. Sembrava ancora più esausto di quanto apparisse dalla voce.
"Come sta Renka?" Domandò Karan appena chiusa la porta. L'uomo era affondato in una sedia. A quanto diceva, Renka era presa dal panico, preoccupata per il mancato ritorno del marito dal lavoro.
"Le ho dato dei tranquillanti e si è finalmente addormentata. Piangeva e gridava... è stato orribile. Non avrei mai immaginato che potesse piangere in quel modo. Solitamente è più forte."
"Dev'essere terribilmente preoccupata."
"Puoi scommetterci. Per quanto ha continuato ad attendere, Getsuyaku non è tornato a casa. Non si è fatto vivo al solito autobus, né al successivo. È la prima volta che accade da quando si sono sposati. Ha pensato che qualcosa dev'essergli accaduto, e non ha idea di cosa fare. Era l'unica cosa a cui poteva pensare. Le ho detto di calmarsi, ma non ascoltava nulla di quello che dicevo... era uno spettacolo pietoso da guardare."
"Ma se gli fosse accaduto qualcosa a lavoro, avrebbero chiamato, no? Se non c'è stata nessuna telefonata, allora..."
Yoming scosse debolmente il capo. Le borse sotto gli occhi si fecero ancora più pronunciate, e le rughe tra le sopracciglia si fecero più solcate.
"Non so dove lavori. Non ho idea di dove chiamare, o a chi fare domande. Getsuyaku non ha rivelato nemmeno alla sua famiglia dove lavorava."
"Dove lavorava? Nemmeno Renka lo sa?"
"Già, ha detto di non averne la più pallida idea. Glie lo ha domandato una volta, poco dopo sposati, ma Getsuyaku non le ha mai dato una risposta. Ha detto che non stava facendo nulla di losco, ma che non poteva rivelare nulla per ordini superiori. La supplicò di non domandarglielo, perché sarebbe stato licenziato in caso cui glie lo avesse detto. Renka ha detto di non aver avuto scelta se non chiudere la bocca a quelle parole. Il suo salario non era propriamente alto, ma Getsuyaku guadagnava molto più del normale residente di Lost Town, ed era solito consegnarlo tutto a sua moglie. Renka alla fine ha smesso di preoccuparsi del lavoro di suo marito, e si era convinta che glie ne avrebbe parlato al momento giusto. Lei aveva Lili a cui pensare, e un altro bambino era in arrivo. Certo, la preoccupava, ma uno stabile mezzo di sostentamento era la sua maggior preoccupazione. Così aveva chiuso un occhio. Il risultato – questo."
"Ma quale tipo di lavoro terresti segreto alla tua stessa famiglia?"
"Tu cosa pensi?" Yoming fissò Karan. Un bagliore tagliente scintillò per un momento nei suoi occhi arrossati. Karan deglutì. Segreti, occultamento, silenzio.
"Il Penitenziario." Appena le parole scivolarono sulla sua lingua, un sapore amaro le si diffuse per tutta la bocca. Sapeva che era un illusione, ma l'amaro era abbastanza da farla rabbrividire.
”Sì, è quello che credo anch'io. Non ho alcuna evidenza, ma sono praticamente certo fosse lì. Getsuyaku stava lavorando presso il Penitenziario. Certo, non doveva essere un dipartimento di grande importanza. Ma un lavoro che richiede di forzare una legge-bavaglio ai gradini più bassi dell'organizzazione... sì, quel luogo è l'unica possibilità."
"Ma... anche se Getsuyaku lavorasse presso il Penitenziario, tornava comunque a casa tutti i giorni alla stessa ora, no?"
"Già. Usciva ed entrava in casa con perfetta regolarità. Ma oggi, non importa quanto mia sorella abbia aspettato, lui non è rincasato. E come se non bastasse..." Yoming esitò.
"E’ accaduto qualcosa?"
Yoming tirò fuori una piccola sacca dalla tasca della giacca, vuotandone il contenuto sul palmo della mano. Karan trattenne il respiro.
"Mio dio, monete d'oro."
Tre monete d'oro. Una singola moneta d'oro corrispondeva a quasi un metà di un anno di lavoro per un residente di Lost Town. Tre monete d'oro. Era un enorme somma.
"Glie li ha dati Getsuyaku."
"Oh cielo, come ha fatto ad avere una così larga somma di denaro?"
"Renka gli ha domandato la stessa cosa. Ma conoscendola, gli avrà praticamente fatto il terzo grado."
"E Getsuyaku-san?"
"Non le ha dato una risposta chiara. Ha detto che non era denaro sporco, e continuava a ripeterle che era un pagamento legittimo. Alla fine, l'intera faccenda è rimasta all'oscuro. È solo che... dopo questo, Renka lo ha sentito dire tra sé che dovrebbe essere abbastanza per sostenerli per un po'. Renka insiste che Getsuyaku intendesse dire che sarebbero stati al sicuro per un po', se fosse scomparso. Per quanto riguarda me, non credo sia sia frutto della sua mente."
"Pensi che Getsuyaku-san sentisse qualche sorta di... sensazione che stesse per accadere qualcosa?"
"Immagino di sì. Renka dice che era da un paio di giorni che agiva in modo strano. Sembrava perso e preoccupato di qualcosa, e c'erano spesso momenti come ieri, in cui si faceva assente e non rispondeva."
"Sembra che Lili avesse la stessa sensazione. Era molto preoccupata per Getsuyaku-san." La voce di Karan tremava. Il suo cuore batteva freneticamente.
Una grossa somma di denaro di cui non se ne conosceva la provenienza; parole che avevano predetto il suo mancato ritorno; il suo enigmatico comportamento – tutto puzzava di distruzione. Poteva comprendere perché Renka fosse così sconvolta, incapace di sopportare la propria ansia, in aggiunta a questo, Renka aveva assistito all'improvvisa e misteriosa morte del suo precedente marito.
Sta per succedere la stessa cosa.
Quel pensiero accresceva la sua paura e la sua ansia ancora di più. Il suo focolare con Getsuyaku era il suo piccolo paradiso, realizzato dopo innumerevoli difficoltà insieme a sua figlia. Vedersi strappare via e perdere tutto questo ancora una volta – era troppo crudele.
Yoming si alzò in piedi all'improvviso. Cominciò a camminare nel piccolo negozio, i passi riecheggiavano per tutto l'ambiente.
"Sono collegati?" I suoi passi quasi ricoprivano il suo basso tono di voce, ora ridotto quasi a un sussurro.
"Mh? Cosa hai detto?"
Yoming si fermò all'improvviso, poi si voltò per fronteggiare Karan. Il suo volto era teso, ma le guance arrossate tradivano il suo eccitamento.
"Pensi che ci sia una connessione tra l'incidente di Getsuyaku e quelli in No. 6? Cosa ne pensi, Karan?"
"No, perché, è impossibile --"
"-- che possa essere vero? Ne sei sicura?" Gli occhi di Yoming ospitavano una luce, quasi febbrile. Nel giro di un attimo , il suo intero contegno era cambiato. O stava mostrando un lato di sé che aveva tenuto nascosto fino ad allora?
"Se Getsuyaku non è potuto tornare a casa, non è stato per ragioni personali. Lo conosci; se così fosse, avrebbe sicuramente trovato il modo di contattare la famiglia. In questo momento si trova in una situazione in cui non può contattarli nemmeno se volesse. Forse gli è stato completamente impedito di contattare chiunque."
"Intendi che è tenuto prigioniero da qualche parte?"
"Sì. Ma se fosse stato imprigionato, la sua famiglia avrebbe ricevuto qualche tipo di notifica dal Dipartimento di Sicurezza. Almeno, era così che funzionava fino ad ora. Ma non c'è stato alcun contatto. Se il suo lavoro fosse presso il Penitenziario... come possiamo essere sicuri che non sia accaduto qualche tipo di strano incidente, lì?"
Istituto Penitenziario. Il luogo in cui Safu doveva essere stata condotta, e anche Shion si trovava lì, probabilmente.
"Non si tratta solo del Penitenziario... hei, Karan. In questo momento No. 6, questa città sta vivendo un grosso cambiamento. Lo senti anche tu, non è vero?"
"Sì," disse Karan esitante.
Yoming riprese a camminare. Click, click, click. I suoi passi risuonavano ancora più forti, ancora più incessanti. "I residenti della Città Santa stanno morendo a destra e a manca. Le autorità non provano nemmeno a fare qualcosa. Infatti non possono. Nessuno ha idea di cosa fare. Questa sarà probabilmente la prima volta che qualcosa del genere accade. No. 6 era la suprema città ideale, chiamata persino Città Santa dalla sua gente – e ora sta crollando a pezzi. Domani forse sarà già svanita."
"Yoming, stai correndo troppo. È impossibile che --"
"No, io lo so," Yoming interruppe Karan in modo deciso, e un piccolo sorriso gli attraversò le labbra. "Un senso di terrore sta circolando per la città, un orrore che nessuno ha mai sperimentato prima. Il terrore di vedere la propria vita minacciata. Presto, si trasformerà in scontento nei confronti delle autorità. Infatti, lo scontento si è già gonfiato in misura tale che starà già per esplodere. I cittadini erano abituati all'obbedienza e ad accettare la falsa prosperità imposta loro, ma ora hanno finalmente aperto gli occhi. Si sono svegliati, comprendendo in che razza di mondo ingiusto e relegante hanno vissuto fin'ora. Sì, sì, si sono finalmente svegliati. E sono quasi impazziti per il panico. Dio solo sa perché non ci hanno provato prima. Nessuno si è nemmeno sforzato di vedere la verità.”
”Yoming...” Karan indietreggiò di un passo. Yoming sembrava non aver notato il suo disagio. Sembrava quasi essersi dimenticato di Getsuyaku e la sua unica sorella, Renka. Getsuyaku, Renka, Lili e Karan. Scosso dal tumulto delle proprie emozioni, Yoming non era in grado di dedicare un singolo pensiero a ciascun individuo intorno a lui.
Karan conosceva persone con occhi simili.
Era accaduto tanto tempo fa, quando Karan era ancora giovane. No. 6 non aveva ancora esteso i suoi confini. Quelle persone si lasciavano trascinare dalle loro stesse parole e ideali: i loro sguardi ardevano di passione e le loro voci erano infervorate. Accecavano gli altri con la loro intelligenza, ma ne erano anche terrificati. Non era sugli esseri umani che erano puntati i loro accesi sguardi. Discorrevano di ideali, ma erano a malapena interessati alle persone. Forse non si rendevano nemmeno conto che non apprezzavano più l'esistenza degli esseri umani. Parlavano della fondazione della città ideale come qualcosa di prossima realizzazione, eppure gli esseri umani non entravano mai come fattori in tali pensieri... era inquietante.
Karan si era gradualmente allontanata da queste persone. Aveva paura di trovarsi in loro compagnia. Era spaventata dai loro sguardi. Questi individui erano le persone che stavano proseguendo alla graduale fondazione di No. 6, eppure li trovava terrificanti, inquietanti, difficili da trattare.
Terrificanti, inquietanti...
Gli stessi occhi. Quegli uomini discutevano della creazione della città utopica, l'uomo dinnanzi a lei parlava della sua distruzione. Occupavano posizioni opposte, eppure i loro occhi erano simili.
”Karan, questa è la nostra occasione. La possibilità che si presenta una volta su un milione di strappare l'ultimo respiro a questa artificiale Città Santa. Chi se lo aspettava che sarebbe giunta così presto?” scoppiò a ridere. “Persino i cieli hanno voltato le spalle a No. 6.”
Yoming si fermò, cominciando a ridere ad alta voce. Karan avvertì un brivido. Sentiva la propria schiena tesa in un brivido gelido.
”Yoming... cosa stai pensando? Cosa hai intenzione di fare?”
Lo sguardo di Yoming ricadde su Karan.
”Cosa sto cercando di fare? Hmm... beh, Karan, immagino di poterti raccontare tutto. Sei quasi una di noi, dopotutto.”
”Una di voi...?”
”Ci sono un grandissimo numero di persone come me in questa città, che si sono visti i propri cari strappare via spietatamente. Sei anche tu una di quelle persone, no?”
Non aveva altra scelta se non rispondere 'sì'. Era stata certamente spietatamente all'improvviso strappata via da suo figlio.
Era quasi impossibile contattarsi l'un l'altro a causa dell'assoluta rigidità della sorveglianza cittadina. “È quasi un miracolo che tu ed io abbiamo potuto incontrarci e parlare liberamente in questo modo. È stata una coincidenza che tu fossi amica di vicinato di Renka, e la cosa ha lavorato in nostro favore. Ma con questa confusione, la loro sorveglianza dovrebbe essere meno rigida. Le autorità sono occupate con le emergenze. Noi penetreremo attraverso queste brecce. Sta a vedere, Karan.”
”Yoming!” disse Karan insistente. “Rispondimi, cosa stai pensando di fare?”
”Shh, non alzare la voce,” l'avvertì Yoming. “Sii cauta, non abbassare ancora la guardia. Guarda e ascolta attentamente. Presto userò una rete di informazione elettronica per appellarmi ai cittadini. Dirò loro: le autorità hanno intenzione di guardare la loro gente morire, e non fare nulla a riguardo. Invece di prendere misure effettive nella battaglia contro l'emergenza, rigireranno semplicemente le dita assistendo allo spettacolo dei loro cittadini che periscono. Precipitiamoci tutti presso il Moondrop. Dobbiamo condurre il sindaco allo scoperto. I loro piani alti intendono tutelarsi con dei vaccini speciali per essere gli unici a sopravvivere. Non possiamo permettere che accada. Ecco cosa dirò.”
”Aspetta, quale vaccino speciale? Esiste davvero?”
”Non lo so.”
”Non lo sai... vuoi dire che non esiste allora?” disse Karan incredula.
”Non abbiamo tempo per preoccuparci se esiste o meno. Ma non credi sia una storia credibile?”
”E’ troppo incerta per circolare... Yoming, stai pensando di far circolare questa falsa notizia per istigare la gente a una rivolta?”
”Sì,” rispose Yoming prontamente. “'I cittadini' scontenti daranno luogo a una rivolta senza precedenti. Questo sarà certamente d'effetto. È l'ultima goccia che farà traboccare l'intero vaso. Pensaci, Karan: la maggior parte dei cittadini di No. 6 si riuniranno come gregge sotto il Moondrop, le facce contorte in paura e rabbia. Che visione sarà! Il solo pensarci mi fa sentire un brivido di piacere.”
”No, fermati. Non devi farlo.”
”Non devo? Perché no? Perché mi dici cose simili?”
”Delle persone moriranno” Karan fissò Yoming diritto in faccia e parlò lentamente, come per ponderare ciascuna parola. La lingua le sembrava fiacca e pesante. Una parte della sua testa sembrava intorpidita. “Molte persone moriranno. Yoming, non dirmi che non riesci a immaginare cosa accadrà. Come reagiranno le autorità contro quella folla infervorata di persone? Non dovresti nemmeno aver bisogno di pensarci; tenteranno di sopprimerli con la forza bruta. No. 6 – questa città stato – mai e poi mai perdonerebbe qualcuno che si ribella contro di lei. Cercheranno di sopprimere ciascuno dei presenti con forze... con forze militari... Yoming, lo capisci, non è vero? Lo capisci molto, molto bene.”
Yoming distolse lo sguardo da Karan, sospirando.
”Ma se decine di migliaia di cittadini si precipitassero lì, nemmeno le autorità saranno in grado di fare nulla. Solo un armata potrebbe controllare la situazione.
”E se mobilitassero l'esercito?” Karan alzò la voce.
”Non essere sciocca. No. 6 non possiede nessun esercito. Ogni tipo di forza militare è stata vietata dal trattato di Babilonia.”
Yoming si ammutolì. La sua mascella era rigida e tesa. Karan sentiva il bisogno di ridere.
No. 6 che onora un trattato? Come puoi dire qualcosa di così stupido che fatichi tu stesso a crederci? Hai sempre parlato così facilmente di qualcosa in cui sei il primo a non credere? Yoming, sei stato tu a dirmelo: questa città divora i suoi cittadini spietatamente. Non stavi combattendo contro quel crudele stato che si rifiutava di trattare gli esseri umani come tali? Non stavi combattendo per onorare le vite delle persone?
”Delle persone moriranno,” ripeté. E lo avrebbe fatto quante volte ce ne sarebbe stato bisogno. “Se cittadini ed esercito dovessero scontrarsi, un mare... un mare di sangue verrà versato. Non puoi permettere che accada. Yoming, pensaci. Tutti coloro che moriranno – anche loro hanno delle famiglie. Hanno delle persone che amano. Hanno una famiglia, come Lili qui, o Renka. Non puoi assassinarli.”
”Non c'è alternativa.” Il mormorio di Yoming mise fine alle parole di Karan. Per un momento, non comprese cosa le era stato detto.
”Cosa? Cosa hai detto?”
”Karan, il mondo è sull'orlo del cambiamento. Persone verranno sacrificate, ma non possiamo farci nulla. Nulla cambierà se continuiamo a temere di versare del sangue.”
”Yoming... sei impazzito?”
”Impazzito? Certo che no. Non sono io ad essere pazzo: sono loro, No. 6. Ho la mia intelligenza con me, e non ho paura. Anche se dovessi perdere la vita adesso, non avrei rimpianti. Devo solo riuscire a realizzare quello che mi sono prefisso di compiere. Sì, so che la mia morte non sarebbe in vano. Per fondare un nuovo mondo, offrirei volentieri la mia stessa vita. Diverrei la pietra miliare su cui il nuovo mondo sorgerà... un vero eroe.”
Hai bisogno di sacrifici per fondare un nuovo mondo? Devi per forza offrire delle vite in cambio? Un mondo che cerca in cambio delle offerte sacrificali sarebbe lo stesso – identico a quella Città Santa che stai così disperatamente cercando di distruggere. Non sarebbe nuovo affatto. Non una singola pietra cambierebbe.
Si sentiva stringere il petto. Il respiro le si fece affannoso, le parole gettate nello scompiglio e annaspava in cerca d'aria.
”Pensi che tua moglie... pensi che avrebbe voluto la tua morte... la morte di tutte quelle persone?”
”Mia moglie... hai ragione, sarò finalmente in grado di vendicare mia moglie e mio figlio. Saranno probabilmente colmi di gioia.”
”Yoming, tua moglie non avrebbe voluto vendetta. Sono sicura che non avrebbe mai voluto che tu morissi. Riprenditi, ti prego. La vendetta non genererà mai pace. L'odio darà luce solo a maggior odio. Devi continuare a vivere.”
Lo sguardo di Yoming si fece duro. Rabbia ardeva al loro interno.
”Karan... perché stai cercando di fermarmi? Non sei una di noi? Sei dalla parte di No. 6?”
”Nessuno ha detto che lo fossi. Solo --”
”Basta così.” Yoming raggiunse velocemente la porta, posando una mano sulla maniglia. “Karan, sono deluso. Pensavo potessimo comprenderci di più. Un vero peccato. Ho perso la speranza in te.”
”Yoming,” protestò Karan.
”Presto realizzerai che avevo ragione. E quando arriverà il momento, mi celebrerai. E io ti perdonerò.”
Ho ragione io, ho ragione io. È impossibile che possa essere nel torto. Una volta che un uomo credeva completamente di aver ragione, che non avrebbe mai potuto cadere in errore, era già in torto.
”Abbi cura di Lili e Renka per me. Probabilmente non sarò in grado di vederle per un po'.” La porta si aprì. Il vento soffiò all'interno. Poteva vedere l'oscurità. Il sole era già tramontato, e una brezza strisciava al terreno. L'alta figura dell'uomo scomparve nel vento e nell'oscurità. La porta si richiuse e l'unica cosa che rimase fu l'odore della notte.
Karan era caduta al pavimento. Si coprì il volto con le mani e chiuse forte gli occhi. Aveva le vertigini. Aveva nausea.
”Signora,” la chiamò una piccola vocina da fanciulla. Lili si era messa seduta sul sofà e stava fissando Karan. “Cosa c'è?”
”Lili... no, non è nulla, cara.”
”Davvero? Non c'è davvero niente che non va?” Lili sollevò le manine. Karan la abbracciò, ancora avvolta nel suo lenzuolo. Il suo piccolo corpicino stava tremando.
”Va tutto bene, va tutto bene. Non hai nulla di cui preoccuparti. Andrà tutto bene, “ sussurrò lentamente come in una canzone. Il tremore di Lili si fermò, e il suo respiro affannato si fece più leggero.
”Papà non è ancora a casa.”
”No, non lo è. Deve aver avuto una giornata piena al lavoro.”
”Signora, ora vado a casa. Devo stare con la mamma. Non posso lasciare la povera mamma da sola.”
”Oh, Lili.” Yoming, lo vedi? La tua nipotina è così giovane, così debole, eppure è ugualmente preoccupata per sua madre. A modo suo sta provando a proteggere le persone per lei importanti. Ci sono tanti bambini come Lili là fuori. Non possiamo lasciare che soffrano. Non possiamo portare via i loro cari. Ti prego, lascia che nessuno venga ucciso. E non morire, Yoming. Non farti uccidere.
”Lili, la tua mamma sarà addormentata adesso. Lascia che riposi. Attenderemo ancora un po, poi le telefoneremo, ok? Per il momento, dobbiamo aspettare qui il tuo papà.”
”Qui al tuo forno, signora?”
”Sì. Abbiamo il pane qui – pane fresco, latte, e un po' di frutta. Ma certo! Facciamo una festa tutti e tre. Quando tornerà a casa il tuo papà, potrà unirsi a noi.”
”Una festa?” Lili batté le palpebre. Un leggero colorito le imporporò le guance. “Una festa sarebbe meravigliosa.”
”Vero? Ora non posso preparare una torta, ma potremmo preparare dei muffin. Sono rimasti anche alcuni biscotti al cioccolato, e penso di avere anche qualche marshmallow. Lili, ti spiacerebbe sistemarli nel vassoio?”
”Sì, lo faccio subito, mi piace sistemare i biscotti!”
”Allora lascio fare a te. Prepariamo tutto per bene per la festa, e poi telefoniamo insieme alla tua mamma. Renka sarà contentissima, vero?”
”Oh, sarà sicuramente felice!” disse Lili estasiata. “Alla mamma piacciono tanto i tuoi muffin, quasi quanto piacciono a me... oh, Cravat!”
”Mh? Cravatte?” Karan lanciò un istintivo sguardo al bancone, in cui non era rimasto quasi nulla. Non aveva venduto tutto; piuttosto, non era stata in grado di cucinare una sufficiente quantità di pane e dolci. Il suo solito fornitore non era passato. Negozi avevano chiuso ovunque le loro vetrine. Lei stessa stava per terminare farina, zucchero, burro ed olio. Se andava avanti senza rifornire le proprie scorte, le avrebbe terminate nel giro di un paio di giorni. Karan non aveva avuto scelta se non chiudere il negozio.
La catena di distribuzione stava cadendo a pezzi.
”Lili, non ho preparato nessuna cravatta,” disse ad alta voce, comprendendo immediatamente che Lili non stava parlando delle paste. Era Cravat, il piccolo topino marrone.
”--No,” disse Lili esalando un respiro, con delusione che faceva eco nella sua voce. “Pensavo di aver visto Cravat, ma è stata solo un'impressione.”
”Vorresti rivedere Cravat, Lili?”
”Sì. Mi piace davvero tanto quel topolino. Ha degli occhietti così belli, ed è soffice e caldo quando sta nella mia mano. Mi piace tanto tanto. Signora, dove vive Cravat?”
”Hmm... me lo domando anch'io.”
”Non lo sai nemmeno tu, signora?”
”No, sfortunatamente. Non ne ho idea.”
”Oh,” disse Lili. “Lo sai, vorrei tanto vedere la casetta di Cravat. Sento che sarebbe davvero divertente. Ci saranno probabilmente un sacco di altri topini insieme a Cravat, no?”
”Hmm, penso tu abbia ragione. Penso sia così.”
La destinazione e la casa di Cravat – è dove si trova mio figlio.
Shion, cosa stai facendo adesso? Come stai? Sei con Nezumi? Tu, Nezumi e Safu state bene, vero? Non posso fare nulla per voi. So che sono inaffidabile, ma queste mani non possono raggiungerti.
Vivi, Shion. Ti prego, abbi cara la tua vita. Tratta la tua vita e quella degli altri con compassione.
Vi riunirete assolutamente.
Sì, sicuramente. Non ci lasceremo abbattere. Non importa quanto terribile sia la situazione, noi vivremo per incontrarci ancora.
”Signora, vado a prendere i vassoi.”
”Sarebbe magnifico, cara. Vorrei che prendessi quel grosso vassoio colorato in fondo allo scaffale. C'è un servizio da tea in coordinato. Potresti trovarli?”
”Certo. Lascia fare a me!” Lili saltò facilmente sullo scaffale.
Karan si portò una mano al petto, tirando silenziosamente diversi respiri.
Non importa cosa accadrà, noi sopravvivremo. Raggiungeremo la fine delle nostre vite, non come gloriosi eroi, i cui nomi saranno tramandati nel tempo, ma come persone vissute con modestia. Stringeremo nelle nostre mani una vita non impostaci, ma una vita scelta da noi stessi.
Questa sarà la nostra vittoria.
Giusto, Shion? Giusto, Nezumi?
Fine prima parte
[1] Dostoyevsky, delitto e castigo, traduzione mezza presa da qui http://www.vastacom.org/documenti/Delitto%20e%20Castigo.pdf , per il resto.... non sono così presuntuosa da ritenere le mie traduzioni migliori di quelle ufficiali, è solo che vorrei tenermi fedele al testo inglese... che non so se è tradotto dal giapponese o prende fonti a parte... cmq....non è che abbia cambiato poi tantissimo.