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Volume 4
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Ne usciremo fuori vivi, non dimenticarlo...
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CAPITOLO 1
Su il Sipario!
Urlate! Urlate! Urlate! Oh, siete tutti uomini di pietra!
Avessi io le vostre lingue e occhie, li userei per
Avessi io le vostre lingue e occhie, li userei per
squarciare la volta del cielo! Se n’è andata per sempre.
-Re Lear Atto V Scena III [1]
Al di là dei cancelli si estendeva un mondo di tenebre.
Faceva incredibilmente freddo. L'uomo rabbrividì e sollevò il colletto della sua giacca. Il suo cappotto, intrecciato in finissimo cashmere, era caldo e leggero da indossare. Era corredato inoltre di un sensore automatico, capace di registrare la temperatura corporea ed ambientale per adeguare di conseguenza la temperatura interna del cappotto. Il sensore in questione era più piccolo, leggero e sottile di un francobollo.
Poteva sentire l'aria gelida pungergli il volto parzialmente esposto, ma il resto del corpo era avvolto confortevolmente nel caldo del suo cappotto. Di fatto, i brividi dell'uomo non scaturivano dal freddo.
La loro causa era l'oscurità. Il luogo era completamente avvolto nelle tenebre.
No.6, il luogo in cui viveva l'uomo, era una città di luci. Risplendeva e traboccava di luci di giorno, così come di notte. E la luce non era l'unico bene a cui aveva libero accesso: grazie ai progressi della tecnologia, un approvvigionamento costante di cibo era sempre disponibile, indipendentemente dalle condizioni stagionali o metereologiche e qualsiasi tipo di alimento risultava facilmente reperibile. Anche con il rifornimeno energetico funzionava allo stesso modo. All'interno della città, le persone potevano condurre una vita agiata e sicura e vivere in un ambiente igienicamente sterile. Oltre No.6, al mondo esistevano altre cinque città-stato, ma nessun luogo era dotato di condizioni ambientali tanto perfette. Era questa la ragione per cui No.6 era denominata la Città Santa.
L'uomo ricopriva una posizione nel corpo governativo della Città Santa. All'interno del Dipartimento Amministrativo Centrale, occupava l'equivalente della terza carica più autorevole. Era un élite tra gli élite. Suo figlio, che avrebbe compiuto tre anni a breve, aveva anche lui conseguito il punteggio più alto in intelligenza nella passata Esaminazione dei Bambini. L'uomo stava già ricevendo la preparazione necessaria per le pratiche educative infantili attraverso un Curriculum Speciale. [2] Se non fosse sorto alcun problema...e di sicuro nessuna complicanza sarebbe mai sorta, poichè era qualcosa di impossibile che all'interno della Città Santa potesse verificarsi un qualsiasi genere di imprevisto...allora suo figlio, in qualità di élite, avrebbe ottenuto una vita a cui non sarebbe mancato nulla. Una vita simile era praticamente garantita.
L'uomo non riusciva a smettere di tremare. Una simile oscurità. Una simile inquietudine. Non avrebbe mai immaginato che la notte potesse presentarsi con un'oscurità così impenetrabile. Ne era stato ignaro fino al giorno in cui aveva messo piede nel West Block.
Cosa diavolo starà facendo?
L'uomo che avrebbe dovuto venire a prenderlo non si era ancora fatto vedere. Solitamente avrebbe trovato l'uomo ad attenderlo nell'oscurità, ma questa notte non c'era stato ancora alcun segno di questa persona.
Sarà successo qualcosa?
Forse c'è stato qualche imprevisto?
Se è così... non va bene.
L'uomo espirò nell'oscurità.
Sarebbe stato meglio non aggirarsi oltre per quel luogo. Doveva assolutamente tornare indietro attraverso i cancelli e fare ritorno alla Città Santa. Assolutamente.
La sua ragione gli ordinava di tornare indietro, di voltare i tacchi e fare ritorno alla luce e al confort. Ma l'uomo non riusciva a muoversi.
Ancora un momento. Attenderò per altri cinque minuti.
La causa era un tenace attaccamento. Era il suo attaccamento alle poche ore di piacere e decadenza di cui avrebbe goduto a breve. Questo attaccamento, verso le poche ore trascorse trastullandosi in compagnia di donne del West Block, rendeva le sue gambe pesanti al punto da impedirgli di andare via. Che grande tentazione spendere quell'ora in un ubriaco torpore, in compagnia di donne dai capelli ed occhi di ogni colore. Era trascorso quasi un anno da quando si era ritrovato irresistibilmente trascinato in questa tentazione. Qualcosa a cui era impossibile rinunciare.
L'amministrazione cittadina si stava facendo più severa. Come era naturale, ai comuni cittadini erano imposte delle limitazioni; ma anche i gradi più alti, che disponevano di una considerevole libertà, stavano cominciando ad essere obbligati ad alcune limitazioni. I viaggi tra la città e il West Block erano una delle cose su cui erano stati posti dei limiti.
Tutti i viaggi tra altri Blocchi erano proibiti previa una chiara motivazione esposta in una richiesta scritta.
Quando l'uomo aveva letto la sezione degli annunci cittadini che ne riportava la notizia, ricordava di essersi lasciato sfuggire un piccolo sospiro. Il dipartimento Amministrativo Centrale era il dipartimento che amministrava tutte le informazioni cittadine. In questo luogo erano raccolti automaticamente tutti i files personali dei cittadini. Presso di esso erano custoditi di ciascun cittadino, nome, sesso, data di nascita, struttura famigliare, indice di intelligenza, caratteristiche fisiche, misurazioni fisiche, storia delle malattie e curriculum vitae. Le azioni giornaliere di ciascun individuo erano registrate senza errori e internalizzate sotto forma di dati dal Dipartimento Amministrativo Centrale, mediante numerose telecamere di sorveglianza e sensori posizionati attraverso la città, così come i chip per il collezionamento-dati istallato all'interno delle loro ID card. Questo sistema era ormai ben radicato.
Gestione e centralizzazione di tutti i tipi di dati...e nel bene o nel male, l'uomo si trovava proprio vicino al cuore del sistema. Proprio grazie a questo, numerose volte aveva approfittato della sua posizione per riscrivere la propria documentazione personale, riscrivendo i file in modo che non risultasse avesse mai messo piede nel West Block. Aveva distrutto le prove.
Si trattava di un crimine, ne era perfettamente consapevole. Aveva paura di cosa sarebbe potuto accadergli in caso fosse stato scoperto, ma allo stesso tempo confidava nella sua abilità di non farsi scoprire. Aveva immerso se stesso in una estasi euforica. Nello stesso tempo, desiderava proteggere la sua vita agiata e tremava al pensiero della sua distruzione. Ma sotto era arrogantemente convinto che in qualità di insostituibile membro del nucleo elitario non sarebbe mai stato perseguitato tanto facilmente. Emozioni contrastanti si agitavano all'interno dell'uomo.
Ma alla fine, anche questa notte, si era arreso ai suoi desideri ed aveva varcato i cancelli.
È in ritardo, sta facendo davvero tardi...
L'uomo si morse leggermente il labbro.
Forse sarebbe meglio lasciar perdere per stasera.
Nulla era più pericoloso di restare immobile per un tempo prolungato in quel modo, avvolto nell'oscurità del West Block. Appena l'uomo si era voltato per ripercorrere la strada da cui era arrivato, una voce bassa pronunciò il suo nome.
“Fura-sama” Era il nome dell'uomo. La voce bassa lo raggiunse nell'oscurità. “Chiedo perdono per l'attesa”
Fura aggrottò le sopracciglia e scosse leggermente le spalle.
“Sei tu, Rikiga?”
“Sì. Sono venuto a prenderla”
“Sei in ritardo”
“Sono terribilmente dispiaciuto. C'è stato un leggero contrattempo”
“Contrattempo? Cosa è successo?”
Poteva sentire l'oscurità cambiare leggermente forma mentre Rikiga scuoteva il capo.
“Niente che richieda la sua preoccupazione. Le assicuro che non c'è alcun problema per lei, nel modo più assoluto, Fura-sama... in realtà...ah...potrei dire che sono stato trattenuto allo scopo del suo ulteriore diletto...”
“Sarebbe a dire?”
Udì una risata volgare.
“Mi ci è voluto un po' di tempo per preparare una donna di suo gradimento” La risata volgare continuava a fare eco in quell'oscurità che sembrava avvolgersi nelle sue spire. “Ma stia pure tranquillo, riuscirà sicuramente a ripagarla per il tempo in cui l'ho costretta ad attendere. Sono più che sicuro che ne sarà oltremodo soddisfatto”
“È così notevole?”
“Un esemplare di rara bellezza”
L'uomo deglutì. Se avesse potuto, avrebbe alzato la sua stessa risata volgare allo stesso modo in cui aveva fatto Rikiga, ma si costrinse a trattenerla.
La posizione da lui ricoperta era il Paradiso in confronto a quella d'infimo terrestre di Rikiga. Un residente del West Block. Non poteva abbassarsi a quel livello.
Per Fura, sebbene il West Block fosse un luogo che gli forniva lascivi e voluttuosi piaceri, i suoi abitanti...Rikiga come quelle donne...non erano umani come lui. Vedeva questi come insetti, forse. No, 'insetti' era troppo duro...erano piuttosto simili a bestiame. Umani e bestiame, chi domina e chi viene dominato. Le regioni che circondavano No.6 esistevano per servire la città...era la verità che gli era stata insegnata fin da bambino.
“...Vogliamo andare, allora?” Rikiga cominciò a camminare. L'uomo lo seguì in silenzio.
La datata automobile a benzina era poco accogliente per viaggiare, sobbalzando con frequenza e andando a scatti. La stessa strada era piena di buche. Alcune volte la sentiva slittare pericolosamente. Le prime volte in cui Fura aveva cominciato a frequentare il West Block, si era ritrovato più di una volta ad alzare la voce in protesta, ma ora non gli dispiaceva più. Da persona abituata alle strade lastricate e senza imperfezioni di No.6 e ad automobili ibride full-equipaggiate con dispositivi anti-shock, gli improvvisi sbalzi e oscillazioni costituivano qualcosa di nuovo e piacevole. E più di ogni cosa, sollecitavano il suo cuore con l'anticipazione per ciò che sarebbe accaduto a breve.
“Dunque?”
Dal sedile posteriore, Fura si allungò in avanti e lo interrogò.
“Che tipo di ragazza è?”
“Oserei dire che è all'altezza del suo palato. Sono sicuro le piacerà”
“L'ultima ragazza che mi hai portato non era questo granchè”
“Lo so e ne sono rammaricato. Ma questa ragazza, è esattamente come le piacciono a lei, Fura-sama... magra, di costituzione minuta...e molto giovane”
“Giovane, huh”
“Proprio così. Certo, essendo questo il luogo che è, non siamo certi di quale sia la sua reale età, ma è sicuramente molto giovane. E pertanto...non ha ancora avuto esperienze con gli uomini”
“Ne sei certo?”
“Assolutamente. E non solo, sembra che il sangue delle terre del sud scorra nelle sue vene. Ha esattamente quell'aspetto”
“Ah”
“Ci sono molte donne dai corpi maturi, ma è abbastanza difficile trovarne di più giovani. Non mi sarei mai permesso di mettere al suo servizio una mocciosa sporca e scarna, Fura-sama, né sarei capace di sceglierne una a caso dalla strada. E inoltre...affidare questo tipo di lavoro ad una ragazza così giovane e senza esperienza, è piuttosto...beh, certamente non andrebbe pienamente d'accordo con la mia coscienza, almeno”
Falso. Rispose Fura nella sua testa. Per denaro faresti di tutto. Coscienza hai detto? Non farmi ridere.
Sebbene fosse senza dubbio sordo alle parole di Fura, Rikiga si lasciò scappare una risata secca dalle labbra.
L'automobile si fermò. All'esterno era circondata ancora da un'oscurità profonda come l'inchiostro.
“Questo è...” era diverso dal luogo che Rikiga era solito preparare per i suoi incontri.
“È un hotel”
“Hotel?”
“Tanto tempo fa, questo qui era un hotel piuttosto rinomato” Rikiga scese dall'auto e accese una lampada. “Quella ragazza e la sua famiglia hanno fatto di questo posto la loro casa. La ragazza ha detto di essere disposta ad accettare clienti solo nella sua stanza e che non avrebbe voluto saperne nulla altrimenti...è ancora una bambina, sarà probabilmente impaurita all'idea di andare in luoghi a lei sconosciuti”
“Ma...”
“Non è nulla per cui ha bisogno di preoccuparsi. Ho provveduto ad allontanare momentaneamente la sua famiglia. Questa sera, lei e quella ragazza sarete gli unici presenti in questo luogo, Fura-sama...Ah, no, non è esattamente corretto. Ci sarebbero anche i cani della ragazza”
“Cosa?”
“Cani. Il padre della ragazza intrattiene affari che coinvolgono cani. Qui ce me sono una moltitudine”
Fura non riusciva ad immaginare quale tipo di affare potesse richiedere il coinvolgimento di cani. Un negozio di animali era certamente fuori questione. Forse i cani venivano scuoiati e venduti come carne?
“Se vuole seguirmi, dunque. La pregherei di fare attenzione a dove mette i piedi” Rikiga sollevò la lampada. Fura lanciò un occhiata al suo profilo e mosse cautamente un piede davanti a lui.
Non si fidava di quest'uomo, Rikiga. Non nutriva un briciolo di fiducia nei suoi confronti. Ma Fura era consapevole di rappresentare per l'uomo un cliente regolare e di grande valore. Era impossibile che un uomo come lui, che amava, valorizzava e si affidava al denaro sopra ogni cosa, avesse potuto danneggiare la sua miglior fonte di guadagno. Fura non aveva mai nutrito alcun senso di apprensione verso l'uomo che lo stava precedendo in questo momento.
L'edificio, che Rikiga aveva detto essere stato un tempo un hotel rinomato, era ora mezzo crollato e per la maggior parte in rovina. Il pavimento era scivoloso, ma non sapeva se dipendesse dal progredire del suo deterioramento o dal muschio che vi stava crescendo sopra. I suoi piedi calzati in pelle procedevano con passo incerto. Il vento gli pungeva le guace. Imboccarono una rampa di scale. Avvertire vagamente un strano odore solleticargli il naso. Una fragranza che non aveva mai sentito all'interno di No.6 e non aveva idea della sua fonte. Attraversarono quella che sembrava la lobby dell'hotel, un'area spoglia e spaziosa, e continuarono a proseguire nell'ascesa.
“Oh...”
Aveva parlato senza pensare. I suoi piedi si piantarono sul posto. Uno stretto corridoio si estendeva dritto davanti a loro. Almeno sembrava procedere dritto nelle tenebre, ma ignorava cosa nascondesse al di là di quell'oscurità che lo avvolgeva nel suo velo; i suoi occhi non avvezzi al buio non riuscivano a distinguere le sagome nelle tenebre.
Illuminate dalla pallida luce della lampada, di tanto in tanto poteva scorgere delle figure sfocate ricurve al pavimento.
“Cani?”
“Sì”
“Come mai ce ne sono così tanti? A che scopo...?”
“Ah, beh, per varie ragioni, ma niente che meriti l'attenzione di un alto ufficiale di No.6 come la sua persona” disse Rikiga. “Nulla di cui preoccuparsi. Questi cani sono tranquillissimi, non la morderanno né la attaccheranno, ha la mia parola...Ok, eccoci arrivati. La ragazza si trova in questa stanza”
Così come Rikiga aveva annunciato, i cani erano rimasti accucciati al pavimento, perfettamente immobili, senza ringhiare né mostrare le zanne.
“Ed eccoci qui, da questa parte. Prego, dopo di lei” Rikiga aprì la porta per lasciarlo passare.
Davanti a lui si trovava una logora porta di legno. Forse per opera della luce della lampada...la vecchia porta appariva ai suoi occhi calda e gentile. Come una rispettabile anziana madama. Eccola lì, seduta in un bagno di luce, bellissima, con i suoi capelli dal colore della neve. Con i ferri da maglia tra le mani e un gomitolo di filo posato sul grembo...
Fura si voltò di fianco e si schiarì più volte la gola. Era da lungo tempo che nascondeva questa sua cattiva abitudine di abbandonarsi alla fantasia. Se qualche alto ufficiale al Dipartimento Amministrativo Centrale avesse scoperto questo suo vizio, tremende conseguenze lo avrebbero atteso.
In No.6, abbandonarsi all'immaginazione, inventare storie, parlare di sogni e dare sfogo alla fantasia non era qualcosa vista di buon occhio ed era evitata come la peste. Non vi era alcuna regola ufficiale o legge che lo proibisse, ma tra i comuni cittadini era oggetto di ridicolo e di disprezzo; e negli organismi centrali cittadini, era visto come qualcosa di inappropriato, ed una valida ragione per la conclusione del lavoro. Era qualcosa che avrebbe potuto costargli il licenziamento.
La porta si aprì. La maniglia d'argento venne aperta, ovviamente a mano, e la porta scricchiolò ostinatamente mentre si apriva verso l'interno.
La stanza davanti a sé si presentava con un basso solaio, ed era immersa nell'oscurità. L'unica illuminazione proveniva dalla lampada che stringeva Rikiga e una singola candela posizionata in un supporto sul tavolo. La stanza non sembrava particolarmente fredda, probabilmente grazie all'assenza di finestre. Ma i lamenti soffocati del vento riuscivano a raggiungere ugualmente la stanza echeggiando tra le sue mura. Numerosi fischi e lamenti si sovrapponevano in strati come in una sinfonia, intrecciandosi l'uno con l'altro, e giungendo infine alle sue orecchie. Si domandò come fosse stato costruito quell'edificio.
L'unica mobilia presente nella stanza era il tavolo su cui svettava la candela, un separè piuttosto logoro e un letto similmente malridotto faceva pietosamente mostra di sé in un angolo della stanza. Una figura era seduta sulla sua sponda con una coperta al di sopra della testa, rannicchiata come se volesse stringersi in se stessa.
Rikiga aveva ragione, era minuta. Le gambe sporgenti al di fuori della coperta erano pietosamente sottili. Ma erano proporzionate. Dalle ginocchia in giù erano sottili, e se fossero state leggermente più in carne, sarebbero state probabilmente un bel paio di gambe, indubbiamente.
“Allora, come la trova?” Rikiga sussurrò nel suo orecchio. “È una gemma, non è daccordo con me, Fura-sama?”
“Può darsi, ma non posso ancora dirlo con certezza”
Fura si sedette sul letto e lasciò scorrere una mano intorno al sottile corpo avvolto nella coperta. Sentiva la ragazza tremare leggermente.
“Sei spaventata?...Non devi preoccuparti, non hai nessun bisogno di esserlo” Si sfilò il cappotto e le si avvicinò, ancora avvolta nella coperta. Poteva sentire il tremore farsi ancora più violento con la ragazza tra le sue mani. La coperta scivolò giù dal capo ed i capelli neri come la notte, e il collo delicato della ragazza si mostrarono agli occhi di Fura. Con il viso voltato in resistenza, il collo della ragazza era ancora più esposto. Fura poteva immaginare anche in quest'oscurità che la pelle davanti ai suoi occhi doveva essere liscia e soffice. Ed era di carnagione scura.
Ma certo. Questa qui potrebbe essere davvero una gemma, dopotutto.
Scostò i lunghi capelli ed accostò le labbra alla sua pelle, lasciando che risalissero il suo collo. Avvertiva un leggero odore. Era lo stesso profumo che aveva incontrato sulle scale. Era certamente l'odore di un cane, di una bestia. Tuttavia anzichè scoraggiarlo, quell'odore stava accendendo il desiderio di Fura ancora di più. Un odore che non avrebbe mai incontrato in No.6, nemmeno se avesse voluto, grazie alla perfetta igiene che vi faceva da padrona. E il corpo tra le sue mani sembrava interamente imbevuto in quest'odore e tutto questo lo eccitava incredibilmente.
“Bene, dunque” disse Rikiga, “Direi che è giunto il momento di scusarmi. Divertitevi pure” Rikiga si volse verso l'uscita con un sorriso assente in viso. All'improvviso Fura fermò la sua mano intenta ad accarezzare la gamba sottile della ragazza. Per la prima volta, aveva avvertito un sospetto aleggiare nel suo petto.
“Aspetta” si affrettò a comandare all'uomo che gli dava le spalle. Rikiga si voltò poco energicamente.
“Qualcosa la turba?”
“Non lo trovi strano?”
“Strano? Cosa, se posso chiedere?”
“Come mai non mi hai chiesto il pagamento anticipatamente?”
Il volto di Rikiga si fece teso. Poi, dopo qualche istante, borbottò un ah, sì, il pagamento, tra sé.
“Mi chiedi sempre di pagare in anticipo. Come mai non lo hai fatto anche questa sera?”
“Oh, certo, ovviamente. Lo avrò dimenticato”
“Dimenticato? Tu? Dimenticarti del denaro?”
Il sospetto dentro di lui si fece più intenso. Quest'uomo? Dimenticarsi dei soldi? Lui, più avido e viscido di chiunque altro, dimenticare...lo trovava difficile da credere.
Il suo dubbio e il suo sospetto si tramutarono in disagio. Le cose erano diverse dal solito. Perchè? Perchè...
Il piccolo corpo si lanciò fuori dalle braccia di Fura. La coperta scivolò al pavimento.
“Piantala con questa stronzata, bastardo” ringhiò. “Ne ho abbastanza. Mi stai prendendo per il culo?!” Fura fissava a bocca aperta il ragazzo che agitava i capelli in giro mostrando i denti e ricoprendolo di ogni genere di profanità.
“Rikiga, chi è questo qui?”
“Lui è quello che è, signore”
“Avevi detto di aver preparato per me una giovane ragazza”
“Giovani ragazze, giovani ragazzi, non fa molta differenza. Ho pensavo che magari avesse questo genere di preferenze nascoste da qualche parte, Fura-sama e che semplicemente non lo avesse ancora compreso”
Il giovane dai capelli neri mostrò ancora più i denti. Sembrava quasi un cane selvatico.
“Puoi piantarla di inventare cazzate, vecchio alcolizzato” ringhiò. “Perchè non hai seguito il piano? Giuro che vi trasformerò tutti e tre in carne trita e vi getterò in pasto ai cani. La pagherete per questo, bastardi”
Piano? Tutti e tre? Di cosa stava parlando?
Fura raccolse il cappotto e si alzò in piedi. Infilò le braccia attraverso le maniche e lanciò un'occhiata intorno alla stanza. I quattro angoli erano immersi nelle tenebre e l'oscurità che vi regnava era in qualche modo lugubre.
Ad ogni modo, restare ancora in quel luogo era pericoloso.
“Dove sta andando?” Rikiga si trovava in piedi davanti alla porta e lo ostacolava con un sorriso oscuro.
“Me ne torno a casa. Fuori dai piedi!”
“La prego, la prego, si calmi” disse Rikiga in un tono suadente. “Non è da lei essere così scortese, Fura-sama”
“Fuori dai piedi, altrimenti...” Fura strinse le dita intorno alla piccola pistola che si trovava nella sua tasca. Era una pistola elettrica, arma non molto efficace per uccidere, ma sufficente per autodifesa. La tirò fuori e mirò tra gli occhi di Rikiga. Se avesse continuato a fare resistenza, avrebbe fatto fuoco senza battere ciglio. Poteva essere per autodifesa, ma una pistola era comunque una pistola. Qualunque uomo disarmato, colpito in mezzo agli occhi, sarebbe morto. Ma non aveva importanza. Queste persone non erano nemmeno qualificate come esseri umani, dopotutto.
“Ma il divertimento è appena cominciato, se tornasse a casa proprio ora si perderebbe la parte migliore”
La voce lo aveva raggiunto alle sue spalle. Allo stesso tempo, la sua bocca era stata coperta e il suo polso afferrato saldamente. La pistola gli scivolò dalle dita. Era trattenuto solo per la bocca e per il polso da qualcuno alle sue spalle, eppure trovava il suo intero corpo immobilizzato. Non riusciva a compiere il minimo movimento. Un alito freddo gli carezzò il lobo dell'orecchio ed un sussurro si insinuò delicato all'inteno del suo orecchio.
“Perché non resta a tenerci compagnia ancora per un po'? Le prometto che le faremo passare momenti tanto piacevoli, da farla sciogliere” La voce che aveva pronunciato quelle parole era affettuosa e incredibilmente gradevole. Era una voce dolce, cristallina e meravigliosa. Fura non riusciva a capire se si trattasse della voce di un uomo o di una donna. Forse, se avesse obbedito a quella voce invitante, sarebbe stato in grado di sciogliersi nell'estasi. Tuttavia questo pensiero ebbe il tempo di durare solo per un istante.
All'improvviso si ritrovò senza terreno sotto i piedi, e venne scaraventato a terra. Il respiro gli si mozzò in gola, e nel giro di un attimo perse conoscenza.
“Nezumi!” Gridò Inukashi, calpestando il lenzuolo. “Questo non è quello che mi avevi promesso. Cosa diavolo stavi facendo?”
“Hush, smettila di abbaiare” Nezumi rovistò nel cappotto dell'uomo che aveva appena legato e tirò fuori un sacchetto di pelle da una delle sue tasche. “Segui l'esempio dai tuoi cani, Inukashi. Zitto e a cuccia”
“Smettila di prendermi per il culo” ringhiò Inukashi. “Perché non sei venuto fuori prima?”
“Avevo dimenticato le mie battute, dunque stavo rileggendo il copione” Rispose Nezumi in tono gentile. “Sono veramente mortificato”
“Mi stai prendendo per il culo. Prendendo. Per. Il. Culo. Tu frode mal riuscita, tu attore di terza categoria. Hai più astuzia di una volpe, meno vergogna di un maiale. Non mi fiderò mai più di te. Spero che tu venga morso da una pulce e che ti succhi tutto il sangue, così rinsecchisci una volta per tutte e crepi”
“La vuoi smettere di guaire, cosa ne dici? Non è successo nulla per cui agitarsi così tanto. Hai ragione, ho tardato a venire fuori di due o tre minuti. Tutto qui”
“Ed in quei due o tre minuti sono stato leccato sul collo e palpato sulla gamba”
Nezumi lampeggiò un sorriso ironico e gentile, simile a quello di una madre verso il suo figlioletto capriccioso.
“Inukashi, si tratta di un'esperienza che potrebbe tornarti utile un giorno. Avere il collo leccato da un alto ufficiale di No.6, hai appena vissuto una preziosa esperienza. Dovresti conservarla come una preziosa memoria”
I pugni stretti di Inukashi tremarono. I suoi occhi neri scintillavano contro il viso scuro.
“E poi” disse, “Perché proprio io? Perché non lo hai fatto tu, invece?”
“E perché avrei dovuto farlo io secondo te?”
“Perché saresti una prostituta perfetta. Tu irretisci gli uomini e li trasformi in completi smidollati e infatuati senza speranza. Un bugiardo, un dissoluto, e con una personalità riprovevole, per giunta. Non avresti nemmeno bisogno di fingere”
Fu solo in quel momento che Shion riuscì a parlare ad Inukashi. Fino ad allora, era rimasto a guardare come stordito tutto ciò che accadeva, incapace di stare al passo con quello che stava avvenendo sotto i suoi occhi.
“Inukashi, stai esagerando. Non aggiungere altro”
“E questo vale anche per te, Shion” Inukashi spostò la sua predica su di lui. “Perché non ti sei precipitato fuori nel momento in cui quell'uomo si è seduto sul letto? Non era quello che avevamo deciso?”
“Sì, ma...” Aveva ragione. Nel loro piccolo briefing prima dell'evento, si erano accordati di attendere fino al momento in cui Rikiga avrebbe lasciato entrare Fura, l'alto ufficiale del Dipartimento Amministrativo Centrale. Quando l'uomo si fosse seduto sul letto, avrebbero dovuto saltare fuori dal loro nascondiglio dietro il separé e farlo prigioniero. Questo era il piano e Shion era stato intenzionato a seguirlo.
Tuttavia Nezumi lo aveva fermato. Lo aveva afferrato per la spalla come per dire “non saltare ancora fuori” Il letto stava cigolando in modo sgradevole. L'uomo si era avvicinato considerevolmente ad Inukashi. Shion poteva quasi avvertire il panico di Inukashi come se fosse stato il proprio. Ma Nezumi non dava ancora segno di voler passare all'azione. Rimaneva chinato nell'oscurità, talmente silenzioso da non riuscire ad udire nemmeno il suono del suo respiro.
“Me ne torno a casa. Fuori dai piedi!”
La mano dell'uomo aveva estratto un oggetto dalla tasca. E nello stesso modo silenzioso, il corpo di Nezumi era scivolato in avanti. Shion non era riuscito ad avvertire il minimo movimento da parte di Nezumi. Anche se era rimasto accovacciato accanto a lui, non aveva avvertito nemmeno lo spostamento d'aria.
“Perché non resta a tenerci compagnia ancora per un po'? Le prometto che le faremo passare momenti tanto piacevoli, da farla sciogliere”
Una volta udita la voce di Nezumi, che lo aveva raggiunto attraverso gli innumerevoli sibili del vento, Shion aveva finalmente abbandonato il suo nascondiglio dietro al separé e aveva raggiunto Inukashi. In quel momento, l'uomo si trovava già sul pavimento dove gemeva silenziosamente.
Inukashi schioccò i denti, con il naso arricciato in un cipiglio minaccioso.
“'Sì ma'? 'Sì ma' cosa, huh? Prenderti cura dei cani è l'unica cosa di cui sei capace? Inutile idiota dalla testa vuota!”
Shion non poteva ribattere. Era ben consapevole di quanto fosse inutile ed incapace una volta messo alle strette. Niente è più doloroso di un insulto che colpisce il segno con il suo carico di verità.
Nezumi si abbassò per raccogliere la pistola dal pavimento. La fece girare nel palmo della mano come per controllarne il peso.
“Una pistola da autodifesa, delle più recenti. Piuttosto piccola, ma un suo colpo a bruciapelo risulterebbe fatale in ogni caso. Ho ritenuto che il rischio di ritrovarcelo nella condizione di agitare questo giocattolino potesse essere una seccatura piuttosto grande”
“Ed è per questo che hai deciso di prendertela con tutta calma, ed aspettare fino a quando quel pervertito tirasse fuori la pistola”
“Avrebbe ridotto i rischi”
“Rischi? Oh, ma non è grandioso” disse Inukashi sarcasticamente “Mentre mi stavo occupando di quel bastardo pervertito, voi due stavate operosamente discutendo dei rischi. Immagino che le grandi menti siano semplicemente dei mondi a parte rispetto a noi comuni mortali, huh? Sarei tentato di chiedervi una conferenza speciale per i miei cani, la prossima volta”
“Su, su. Non essere sarcastico. Ecco a te, guarda”
Nezumi capovolse la sacca di pelle, scuotendola leggermente. Cinque monete d'oro ruzzolarono sul tavolo.
“Cinque monete d'oro, huh? Si è portato un bel gruzzoletto per una singola notte di divertimento, non lo credi anche tu, vecchio?”
“Non esattamente, a dire il vero” Rikiga aprì la bocca. La sua voce suonava rauca e pesante, una sorprendente differenza rispetto al tono cortese usato poco prima.
“Gli avevo detto di aver trovato per lui una donna straordinaria, differente dalle prostitute che frequenta di solito. Ho dovuto chiedergli molto più del solito, altrimenti sarebbe sembrato sospetto. È un tipo abbastanza guardingo”
“Capisco”
Nezumi sollevò una moneta d'oro.
“Tieni, Inukashi. La tua parte”
La moneta lanciata in aria, scivolò fuori dalle dita di Inukashi mentre tentava di afferrarla e ricadde al pavimento ai piedi di Shion. Shion la raccolse e la consegnò ad Inukashi. Le sue dita scure stavano tremando.
“Inukashi?”
Le sue labbra erano increspate e sembrava sul punto di piangere da un momento all'altro. Shion non gli aveva mai visto una espressione simile prima di allora. Anche le spalle e le braccia tremavano leggermente.
Deve essersi sentito davvero terrorizzato.
Quell'Inukashi, che aveva diverse dozzine di cani al suo comando, che viveva in un rudere e sopravviveva ogni giorno con forza e fierezza, non riusciva a trattenere il tremore del suo corpo. Shion provò ad immaginare quanta paura ed umiliazione dovesse aver provato.
Shion non sapeva quanti anni Inukashi avesse. Probabilmente nemmeno lo stesso Inukashi ne era a conoscenza. La maggior parte dei residenti del West Block non era certo della propria età, di chi fossero i propri genitori, il luogo della propria nascita o se il giorno successivo avesse avuto ancora una vita da vivere. Ma poteva immaginare che Inukashi fosse molto giovane, di gran lunga più giovane dei suoi sedici anni. Sapeva che Inukashi era capace di dedicarsi ad attività fraudolente, furti o addirittura estorsioni senza battere ciglio. Lo stesso Inukashi, che raramente si sarebbe preoccupato della gente che gli inveiva contro o insultava, non riusciva a sopportare il ruolo dell'esca in quella farsa, inscenata sul letto di una stanza tenuemente illuminata.
Era esattamente ancora così giovane.
Il turpiloquio e le urla piene d'ira di Inukashi altro non erano che un parte della paura che aveva realmente provato.
“Mi dispiace” Si ritrovò a dire Shion con un filo di voce. “Ti ho fatto qualcosa di orribile. Sono davvero, davvero dispiaciuto, Inukashi”
Inukashi batté le palpebre dei suoi occhi castani. I bordi erano rossi. Le sue labbra si muovevano senza emettere suono. Shion gli posò una mano sulla spalla pelle ed ossa. Non pensava che il gesto potesse essere sufficiente per placare la rabbia o lo smarrimento dell'altro ragazzo. Sapeva che non sarebbe stato perdonato. Ma ricordava una cosa. Quando era ancora piccolo, sua madre Karan gli avrebbe messo spesso una mano sulla spalla allo stesso modo. Ricordava il calore confortevole che si propagava nel suo corpo da quella mano gentile, posata silenziosamente. Tutto lì.
Inukashi non resistette. Si spostò leggermente e posò la fronte contro il braccio di Shion.
“Bastardi... vi odio tutti”
“Mm-hmm” Mormorò Shion.
“È stato orribile... così orribile...”
“Lo so”
“Stavo cercando in tutti i modi di resistere per non gridare...per non chiamarvi, non chiedervi come mai non venivate fuori... ho cercato in...in tutti i modi, lo sai?”
Mi dispiace, mormorò di nuovo Shion, stringendo con fermezza la sua spalla.
Huh?
Si sentì attraversare da un senso di nervosismo. Attraverso la punta delle dita aveva avvertito una morbidezza nella carne che non si era aspettato affatto. La spalla sembrava sottile e pelle e ossa, ma era soffice. Non era dura, rigida e muscolosa, ma soffice e tondeggiante.
Gli ricordava le spalle di Safu nelle poche volte in cui avevano toccato le proprie.
Non dirmi che...ma come...
Nello stesso momento in cui Shion fissò Inukashi, questo si allontanò dal suo braccio e Nezumi gli lanciò una seconda moneta d'oro. Questa volta, la mano di Inukashi la afferrò al volo senza errore.
“Compenso bonus”
“Che gentile. Davvero onorevole da parte tua, Nezumi”
“Non era un lavoro gratis. Hai accettato di fare da esca in cambio di denaro”
“Non c'è bisogno che tu me lo dica, questo lo so benissimo”
“Allora inutile fare i capricci adesso. Due monete d'oro per meno di dieci minuti di lavoro. Un lavoro simile non lo trovi ovunque”
“Ho già detto che non serve che me lo dici!” Ripetette Inukashi ad alta voce. “Ma puoi contarmi fuori da qualsiasi altro ruolo simile. Dovrai vedertela tu al posto mio o il signorino dalla testa vuota qui presente”
“Non ci sarà una prossima volta”
Nezumi spinse le restanti tre monete d'oro in direzione di Rikiga. “Il resto è per il vecchio”
“E voi ragazzi?”
“Non ne abbiamo bisogno”
“Vi accontentate di poco, non è così?”
“Dì pure quello che ti pare”
“O stai forse pensando che da qui in poi il denaro sarebbe comunque inutile?”
“È probabile”
“Capisco...”
Gli occhi grigi di Nezumi studiarono il viso arrossato dall'alcol di Rikiga.
“Cosa c'è?” disse. “Perché quella faccia seria?”
Rikiga non rispose.
“Monete d'oro, vecchio. Le tue preferite. Perché non le accetti? Non è che siano ricoperte di veleno, almeno non credo”
“Non saranno ricoperte di veleno, ma abbiamo tra le mani qualcosa di ancora più preoccupante”
Il liquido marrone picchiò contro la superficie del bicchiere. L'aspro odore d'alcol si diffuse nell'aria e aggredì il suo naso. Rikiga bevve un altro sorso del liquore economico e tossì debolmente.
“Si tratta di denaro rubato ad un alto ufficiale della Città Santa, ingannandolo e facendolo prigioniero. Mettere le mani su quelle monete potrebbe costarci la vita”
Nezumi ridacchiò debolmente.
“Stai cominciando ad avere paura adesso?”
“Sì” Rikiga si apprestò ad annuire con la testa, asciugandosi la bocca con il dorso della mano. “Ci siamo dentro fino alle ginocchia, ma sto cominciando ad aver paura solo adesso. Lo abbiamo fatto per davvero, ormai ci siamo...ci siamo messi No.6 contro”
“Sono sempre stati contro di noi. La città è sempre stata un nemico per noi. Stai dicendo che non lo avevi realizzato o che fino ad ora hai finto di ignorarlo? Quale delle due, vecchio?”
Rikiga prosciugò il resto del liquore in un sorso e sospirò profondamente. La fiamma della candela ondeggiò e anche le loro quattro ombre, semi-immerse nell'oscurità, ondeggiarono leggermente.
“Eve” Rikiga chiamò Nezumi con il suo nome d'arte. L'alcol sembrava stesse cominciando a fare effetto su di lui, dato che cominciava a trascinare le parole.
“...Non hai paura di morire?”
“Morire? Beh, non ti sembra una domanda sbucata fuori dal nulla?”
“Ti stai mettendo contro l'intera Città Santa. Non starai pensando mica di poter continuare a vivere con la tua solita impudenza? Non sei così ingenuo”
“Vecchio” la mano di Nezumi accarezzò la superficie del tavolo. Le monete d'oro scomparvero come per magia. “Mi dispiace, ma non ho alcuna intenzione di prepararmi alla morte. Coloro che sopravvivono sono coloro che vincono. Quelli che periranno saranno loro. Noi sopravviveremo. Non è così?”
“Sei serio a riguardo?”
“Certamente”
“Tu sei pazzo. Sei diventato pazzo, e vivi nell'illusione, Eve. Non c'è la minima possibilità di vittoria. Nemmeno la più piccola possibilità”
“Probabilmente hai ragione”
“È completamente irragionevole. Tutto quello che stai dicendo o cercando di fare, è completamente irragionevole. Farneticamenti di un folle. Sarà forse l'uno percento. Lo 0,01. Saresti disposto a scommettere su questa minuscola percentuale di vittoria?”
“Si tratterà di una piccolissima percentuale, ma non è zero. Il che significa che non potrai saperlo fino a quando non avrai tentato”
“Eve!”
“La tua mano”
“Huh?”
“Mi porgerebbe la sua mano, di grazia, sua maestà?” Nezumi afferrò forzatamente il polso di Rikiga e gli girò il palmo verso l'alto. Posizionò la propria mano al di sopra. Tre monete d'oro fecero la loro comparsa.
“La tua porzione, vecchio. Non dimenticare di reclamarla”
La bottiglia vuota di liquore scivolò dalla mano di Rikiga ed andò ad infrangersi disordinatamente al pavimento. Gocce di liquore volarono in tutte le direzioni, insozzando il pavimento.
“Fa come Inukashi ed accettali con umiltà. Ormai siamo in ballo. Non possiamo tornare indietro. Nessuno di noi può farlo”
“Nessuno di noi, huh...” Rikiga fissò le monete d'oro nella sua mano e distorse la bocca. “Complici fino alla fine, in pratica”
“Esatto. Partner di rilievo. Ognuno di noi ha il proprio ruolo e il sipario è stato da lungo sollevato. Meglio che tu non stia pensando di tirarti indietro ora, vecchio, perché è troppo tardi per quello”
“E se cedessi il mio ruolo? Mi uccideresti?”
“Se lo desideri”
“Conoscendoti, probabilmente sarebbe un'uccisione eseguita meravigliosamente” disse Rikiga aspramente. “Allora, mi taglieresti la gola con un coltello? Mi daresti una pugnalata dritta nel cuore?”
“Non darmi troppo credito. Maneggiare un coltello è più difficile di quanto un principiante possa immaginare, lo sapevi?” Si girò verso Rikiga e sorrise. Rikiga portò in dietro il mento e il suo volto perse tutte le emozioni.
“La mia mano potrebbe scivolare e mancare un punto vitale. Succede ogni tanto. Qualcosa piuttosto spiacevole per la vittima, huh? Ritrovarsi a contorcersi e soffrire nell'impossibilità di una morte veloce. Orribile, indubbiamente. Odierei vedere uno dei miei preziosi amici morire in un modo simile”
Rikiga emise un suono basso e strozzato dalla gola, e lasciò scivolare le monete d'oro nella sua tasca. Infine, sputò fuori una sola parola.
“Diavolo”
Inukashi tirò su col naso dalla sua posizione accanto a Shion, come poco interessato alla conversazione.
“Abbiamo sempre saputo che razza di diavolo fosse. Inutile farne una scenata proprio ora”
No.
Shion strinse la mano in un pugno.
Nezumi non era un diavolo. Ne era consapevole più di chiunque altro. Ancora ed ancora, la sua vita era stata salvata, liberata da un pericolo impellente. Si era aggrappato a quella mano estesa verso di lui e che lo aveva tirato su. E la sua vita non era stata l'unica cosa ad essere salvata...la sua anima, nella forma in cui da sempre avrebbe dovuto essere plasmata...anche quella era stata salvata. Era quello che credeva.
Nezumi aveva condotto Shion in cima e gli aveva ingegnato a contemplare il mondo che si estendeva sotto di loro. In contrasto con un mondo cintato da mura fortificate, isolato ed orgoglioso, gli aveva mostrato un mondo che si espandeva illimitato attraverso l'orizzonte, dove esseri umani dai molteplici generi di vita si accalcavano insieme in un unico luogo, dove stili di vita, valori, credi, e giustizia non erano mai le stesse per nessuno. Se non avesse incontrato Nezumi, sarebbe andato avanti nella sua vita senza conoscere nulla di tutto questo. Avrebbe vissuto nella Città Santa di No.6 una vita tranquilla, privilegiata da benessere e ricchezza artificiali, non rivolgendo mai il più piccolo pensiero a quel mondo che si estendeva al di fuori delle mura.
Guarda.
Gli aveva detto Nezumi. Striscia fuori da quel tuo mondo artificiale e vieni qui. Gli aveva detto di guardare con i suoi stessi occhi. Di pensare autonomamente. Pensa. Pensa con la tua stessa testa a cosa è giusto, cosa ha valore, cosa desideri, cosa credi...non quei valori, quella morale, quella giustizia che ti sono state suggerite, che ti sono state imposte.
Gli era stato detto innumerevoli volte. Alcune volte con passione, altre freddamente, con la sua voce, il suo sguardo, le sue azioni, Nezumi glielo aveva ripetuto ancora ed ancora.
Da quando aveva incontrato Nezumi, aveva pensato a tutto questo. I suoi sentimenti, i suoi desideri, i suoi pensieri, le sue sensazioni, le sue speranze, le sue convinzioni, quello a cui voleva credere. C'erano molte cose che non riusciva ancora a comprendere, ma confrontare i propri pensieri e continuare a ponderare, aveva dato nuova vita all'anima di Shion e pompato nuovo sangue al suo interno.
Ecco cosa significava vivere.
Riappropriarsi della propria anima. Non cederla a nessun altro. Non lasciarsi dominare. Non cadere in sottomissione.
Questo era ciò che significava vivere.
Nezumi gli aveva insegnato questo. Aveva iniettato nuovo sangue nella sua anima.
E...
E quello che aveva coinvolto tutti quanti era stato proprio Shion. Nezumi non aveva colpe. Shion aveva coinvolto gli altri tre, allo scopo di salvare Safu, che era stata arrestata dal Dipartimento di Sicurezza e imprigionata all'interno del Penitenziario. Li aveva trascinati in una pericolosa battaglia, dove le possibilità di vittoria erano meno di una su cento, come Rikiga aveva detto.
“Cosa c'è, Shion? Sembri quasi spaventoso...non sembri nemmeno tu” Inukashi piegò il capo disorientato. Shion scosse la testa.
“Non è così”
“Huh?”
“Non è così, Inukashi. Anche Rikiga-san. Tutto questo, è tutta...”
I suoi occhi incrociarono quelli di Nezumi. O piuttosto, sembrava quasi che i suoi occhi fossero stati attratti con forza e costretti ad incontrare lo sguardo intenso dell'altro. I lucenti occhi grigi di Nezumi rilucevano sempre d'energia, incredibilmente belli, ma privi del più piccolo segno di un'emozione. Non erano cambiati affatto da quando Shion lo aveva incontrato per la prima volta. Erano ancora gli stessi, come il paio d'occhi in cui aveva scrutato quella volta, bloccato al muro da dita gelide contro la sua gola. Nezumi abbassò lentamente lo sguardo e recitò alcuni versi in una voce bassa, come se stesse cantando.
“Io sono lo spirito che sempre nega. Sì, io sono tutto ciò che voi chiamate Peccato, Distruzione o Male.” [3]
“E questo cosa sarebbe?” disse Inukashi storcendo il naso. “Shion, che diavolo va farneticando quell'attore squilibrato?”
“Mefistofele”
“Huh? Cos'è? Si mangia?”
“Appare nel libro Faust. Lui è...un diavolo”
“Quindi un diavolo ha appena recitato la battuta di un diavolo. Calza proprio a pennello”
“No, come ho detto, Nezumi non è...”
L'uomo improvvisamente gemette. Il suo corpo legato diede una contrazione.
“Sembra che il nostro ospite si sia risvegliato dal suo pisolino” Nezumi tirò fuori i suoi guanti di pelle e li sventolò con noncuranza. Un piccolo sorriso comparve sulle sue labbra.
“Che l'Atto Uno Scena Due cominci allora, cosa ne dite?”
Rikiga guardò verso il soffitto ed espirò. Scrollando le spalle in un gesto esagerato, Inukashi fissò Shion.
“Shion” disse.
“Hm?”
“Lui è il diavolo”
“Huh?”
“Lui è il diavolo. Quello che non conosce chi è veramente sei proprio tu. Almeno, è quello che penso”
-FINE CAPITOLO 1-
-note-
Per chi non le ha ancora viste ed è interessato, ho postato alcuni estratti della novel tradotti, tratti dal quarto al nono libro.
http://kazenorequiem.blogspot.com/2011/11/estratti-novel.html li trovate qui.
[1] traduzione italiana presa da : http://www.scribd.com/doc/33742754/Re-Lear
[2] 'Child Rearing instruction' = preparazione del genitore sull'educazione da impartire al figlio. In poche parole i genitori degli elite venivano preparati perchè costruissero per il proprio figlio geniale un ambiente perfetto anche in casa. E per ambiente perfetto in No.6 ormai abbiamo capito che si intende qualcosa privo di affetto, spunti e sogni.... Probabilmente anche Karan avrà seguito questa preparazione quando Shion era piccolo.
Non credo serva specificarlo, ma -sama è un suffisso onorifico, che indica un grande rispetto.
[3] Goethe, Johann Wolfgang von. La tragedia del Faust.
Sono lo spirito che nega sempre!
E con ragione, perché tutto ciò che nasce
è degno di perire.
Perciò sarebbe meglio se non nascesse nulla.
Insomma, tutto ciò che voi chiamate
peccato, distruzione, in breve, il male,
è il mio specifico elemento.
E con ragione, perché tutto ciò che nasce
è degno di perire.
Perciò sarebbe meglio se non nascesse nulla.
Insomma, tutto ciò che voi chiamate
peccato, distruzione, in breve, il male,
è il mio specifico elemento.
Nel testo tradotto è riportata una versione modificata, ovvero
"I am the spirit that denies. Yes, I am all things which you call Sin, Destruction, or Evil."
dunque ho provato a tradurre seguendo quel verso.
La stessa traduttrice ha riportato questi versi in nota. La traduzione in italiano della nota, invece, è presa di qua: http://www.rodoni.ch/busoni/bibliotechina/goethe/faust.html
Finalmente si muove qualcosa nel contesto!
RispondiEliminaNo.6 è davvero una città rompi cazzo, io mi sarei suicidata al suo interno, altro che Città Santa!
Sempre controllati, nessuna tentazione e , ancora peggio, bandita la fantasia ed i sogni?! O_o
Già, è davvero qualcosa di pauroso... come aveva detto l'uomo dal camice bianco, qualche capitolo fa, l'anima non serve ai cittadini, tutto quello che devono fare è ubbidire ciecamente ricoprendo il proprio ruolo, senza fare domande. Sogni, fantasia, storie, sono viste come qualcosa di pericoloso, perchè è il primo passo per la scoperta del proprio essere, credo... e scoprire la propria identità significa iniziare a porsi domande. [Effettivamente è un elemento costante dei romanzi dispotici direi, e le prime vittime della città falsamente utopica è sempre la letteratura, la fantasia... ]
RispondiEliminaNon so se vi è capitato ma spesso siamo circondati da persone che si lamentano ma poi restano passive accentando ogni cosa pur di non perdere quelli che considerano privilegi e che sono invece mere abitudini.
RispondiEliminaNel mio posto di lavoro, pur potendo esercitare un certo potere, pur avendo strumenti per opporci , finiamo spesso soggiogati per la nostra inerzia.
Pochi hanno il coraggio di esprimere le proprie opinioni.
No° 6 non è poi tanto lontana dalla realtà; è una dittatura verniciata d'oro, e tutto sommato questo non sarebbe nulla.
La cosa veramente spaventosa è che spesso le persone vogliono essere dominate, vogliono che si dica loro cosa fare per potersi esimere dal prendere decisioni.
Questo sì che mi fa venire i brividi, specie quando certe volte mi guardo allo specchio e mi domando se non sto diventando anche io una "pecora" come gli abitanti di No° 6 , come certa gente con cui lavoro...
la Asano ha scritto questa storia come un suo tentativo di analizzare la realtà. è partita di qua, dal domandarsi quale fosse il rapporto tra stato e individuo (c'è anche la traduzione di un intervista alla Asano, se vuoi, ti consiglierei di darle una lettura perchè è interessante)
EliminaIn una delle posfazioni ha scritto che ogni volta che scrive la storia mostrando il modo in cui vivono i residenti del west block, come combattono ogni giorno per sopravvivere, da persona che ha sempre vissuto in relativa quiete, lontana da pericoli e preoccupazioni come fame e guerre, si domanda come può lei scrivere di queste persone così attaccate alla vita. Attaccarsi alla vita, e affondare le proprie zanne e artigli. Per quanto il suo gusto possa essere orrendo... è questo il messaggio che traspare....
E' bello vedere come Fura pensa alle persone del West Block come "animali" quando poi non si accorge di dipendere completamente dalla sua bramia di piacere.
RispondiEliminaIl vecchio detto "non sputare nel piatto in cui mangi" si sente forte in questa parte dell'opera mi da decisamente a pensare...chissà quante volte l'avrò fatto anch'io senza rendermene nemmno conto.Nezumi seriamente io non so più che dire(anzi no ci sarebbe fin troppo da dire) quel ragazzo è un abile manipolatore potrebbe metterti KO in 2 secondi. E quante dannate voci sa fare? Come fa a farti perdere completamente l'auto-controllo? Il suo "ho molta esperienza" è decisamente azzeccato. Questa è stata la prima volta che Nezumi mi ha fatto paura. I modo in cui viene rappresentat(a)Inukashi(nel manga) mentre dice "Lui è il diavolo" è qualcosa di terrificante. Ma continuo ad amare Nezumi.
Il suo personaggio non ha limiti,lo amo,non so neanche perché o meglio ci sono troppe ragioni .. e non saprei come spiegarle tutte.
Ma poi *cough* come siamo protettivi Shion,eh? x°D
*Oramai non riesce più a fermarsi* -cough-
Sì, Fura bene rappresenta il cittadino tipico di No.6... se ricordi anche il discorso che stava facendo la vecchia che era andata a parlare con Karan, qualche capitolo fa, ti accorgi che questa visione dei residenti del West Block è piuttosto diffusa. Dalle parole di Nezumi (non ricordo se è in questo capitolo o nel prossimo), emerge acora maggiormente la condizione in cui quella gente vive... gente che per istinto sa che l'unico luogo in cui possono ancora sopravvivere è quello, e vi si attaccano disperatamente, pur sapendo che in quel modo sono costantemente sotto controllo. Non hanno scampo, non hanno un luogo in cui fuggire, perchè altrove il mondo ormai non esiste più... e qui ti chiedi come fanno i cittadini stessi di No.6 a essere convinti che la loro è un utopia quando sanno che c'è gente fuori quelle mura che supplica di poter entrare.... sì, conosceranno con esattezza le condizioni in cui quella gente si trova(sarà, ma conoscono che la gente si abbevera con acqua contaminata, puoi essere derubato per un pezzo di pane e soffri una fame tale da spingerti ad attaccare incautamente i posti di blocco del penitenziario, mi sembrano indicazioni già abbastanza gravi e precise... voglio dire, tu cittadino che vivi al sicuro nella tua calda casa, proclamando quale città perfetta è quella in cui vivi... non ti sembra strano che questa tanto perfetta incarnazione di città utopica permetta una vita di stenti solo a pochi passi dalle sue mura? Non è forse che l'uomo adora giocare a fare il buon samaritano fino a quando non è messa in pericolo la stabilità del suo stile di vita? Dopo di che, semplicemente si chiude a riccio, tenendosi stretto quel benessere che si è non per suo merito conquistato (ricordiamoci che come noi abbiamo avuto la FORTUNA di nascere in una società che ci permette un certo lusso o benessere, sarebbe bastato nascere in un altra terra o anche in una diversa famiglia a pochi passi da dove viviamo, per cambiare completamente lo stile di vita che conosciamo e a cui siamo abituati... il problema è che siamo(come esseri umani) fin troppo convinti che ciò che abbiamo intorno è qualcosa che ci è dovuto, che ci spetta.... Ciò che gli occhi non riescono a notare, sono proprio quelle cose alla cui vista si è abituati da sempre.....
EliminaGiusto. Ecco perché poi si dice "quando perdi qualcosa inizi a capirne il valore"...
EliminaAhh,i cittadini di No.6 sono l'esatta fotocopia della società attuale.