18 ottobre 2011

No.6 CAP 12 ITALIANO

VOLUME 3

Capitolo 2

Scene Tranquille.
Sono il disperato, la parola senza eco,
quello che ha perduto tutto, quello che tutto aveva.
Mio ultimo ormeggio, in te cigola la mia ultima ansia.
Nella mia terra deserta sei l'ultima rosa.
Neruda, Venti Poesie d'Amore e una Canzone disperata [1]
  In No.6, la maggioranza della popolazione era costituita da cittadini al di sotto dei quarant'anni di età. Era una città giovane. A causa di ciò, le poche persone più anziane, che le capitava di incontrare per strada, si distinguevano ancora di più.
  Farei di tutto pur di evitare di invecchiare.
Era stufa di vedere donne obese e dai capelli bianchi; uomini raggrinziti, pelle e ossa.
La donna lavorava come infermiera presso l'Ospedale Centrale Municipale, sotto il diretto controllo del Dipartimento di Salute e Igiene. Attualmente era incaricata del reparto geriatrico. Nonostante non avesse mai visto di buon grado gli anziani, il suo lavoro la costringeva a restare a stretto contatto con essi ogni giorno.
  Perché mai disturbarsi anche solo a restare in vita a quell'età?
  La donna lasciò scorrere una mano attraverso i suoi lunghi capelli color nocciola, di cui era sempre stata molto fiera. Il pensiero che un giorno i suoi meravigliosi capelli potessero divenire bianchi era insopportabile, e ancora di più, l'idea che il suo viso perfetto potesse essere rovinato da rughe e macchie di vecchiaia. Preferirei morire piuttosto che vedere la mia bellezza deturpata in quel modo.
  Lo pensava davvero. No.6 era attrezzata con un'eccellente struttura di accoglienza per gli anziani. Si diceva che nessun'altra Città potesse vantare un servizio di prim'ordine come quello di cui disponeva la Città Santa.
  Indipendentemente dal ceto sociale, sesso o storia personale, raggiunta una certa età, tutti i cittadini più anziani avrebbero ricevuto una notifica da parte della Città e sarebbe stato accordato loro il privilegio di vivere in un luogo chiamato Twilight Cottage.
  Il Twilight Cottage era una struttura perfetta, edificata dalla Città per permettere ai propri cittadini più anziani di trascorrere il resto delle loro vite in abbondanza e comfort. Si diceva che per un anziano fosse praticamente il Paradiso: centri medici che garantivano cure per la riduzione del dolore, disponibili in qualsiasi momento; qualsiasi minaccia, dal dolore alla sofferenza o lo stress, era praticamente inesistente. Si trattava di una struttura sotto il diretto controllo della Città; dall'Ospedale Centrale, dove la donna lavorava, ogni settimana alcuni anziani sarebbero stati accompagnati al Twilight Cottage. L'età ed i criteri che determinavano l'ingresso al Cottage, non erano state ancora divulgate. Sebbene fosse un evento raro, alcuni anziani morivano di malattia o in incidenti prima di ricevere il permesso per vivere all'interno del Twilight Cottage. Era per questo che ogni anziano gioiva alla notizia della propria ammissione.
  Era stato lo stesso per l'anziana signora, la cui applicazione di residenza era stata approvata appena il giorno precedente. La signora soffriva di una malattia incurabile anche per la tecnologia medica d'avanguardia di No.6.
Sono così felice. Ora potrò trascorrere in pace quei pochi anni che mi restano da vivere. La mia più sincera gratitudine a Dio e alla Città per la sua compassione”
L'anziana signora, che aveva sempre ripetuto quanto grande fosse la sua fede in Dio, aveva stretto le mani al seno e aveva sussurrato parole di preghiera prima di lasciare l'ala dell'ospedale.
  Il Twilight Cottage. La donna non aveva idea di dove fosse ubicato. La Città non aveva divulgato il suo indirizzo. Ma la donna non aveva mai avuto alcun interesse per ciò che lo concerne.
  La donna odiava gli anziani. Il suo disgusto era un lato della stessa medaglia, di quel timore per la sua stessa vecchiaia. Era giovane e bella, e sarebbe voluta restare giovane e bella per sempre. Presso l'ospedale aveva sentito che la Città stava concentrando come non mai le sue ricerche mediche sul comprendere i meccanismi della vita. A questo proposito erano state investite ingenti quantità di denaro in ricerche molecolari aventi come oggetto l'invecchiamento.
  Se fosse stata sviluppata una medicina che avesse permesso di eliminare il processo d'invecchiamento...se avesse potuto restare per sempre come in quel momento e mai diventare vecchia...quanto sarebbe stato splendido!
  Sperava che ci sarebbero riusciti presto, il prima possibile.
  Era quasi giunta alla stazione. I suoi genitori l'attendevano a casa, una piccola casetta a due stazioni di distanza. Erano un uomo e una donna appena entrati nell'età avanzata, entrambi delle arpie, due tipi nevrotici e pretenziosi. Non le perdonavano ancora di non essere riuscita a conseguire i massimi risultati in nessun campo, negli esami a cui la Città sottoponeva i suoi cittadini. Mai avrebbe voluto invecchiare e diventare come loro, un giorno.
La donna si avvicinò alla vetrina di un negozio e guardò il proprio riflesso. Sono sulla strada di casa dopo il lavoro, immagino sia normale apparire un po' stanca. Ma, anche così, resto comunque molto bella. I miei capelli, la mia pelle...così giovane, così bella.
Pensava di fare qualche acquisto prima di tornare a casa. Dalla vetrina, poteva vedere gli abiti sontuosi, le scarpe raffinate e i pratici costumi di cui era pieno il negozio. In questa Città, poteva ottenere qualsiasi cosa desiderasse. Certo, entro i limiti permessi dalla sua possibilità finanziaria.
  Ad eccezione di una piccola parte della popolazione che, con fatica, si teneva a galla in quella parte della Città chiamata Lost Town, i residenti della Città avevano facile accesso a tutto quello di cui avevano bisogno, purché non fossero alla ricerca di beni superiori, destinati alle classi al vertice. Potevano, infatti, ottenere senza difficoltà cibo, vestiario e una residenza.
  Certo, la sua non sarà stata una vita piena di comfort e lussi come i residenti di Cronos, ma restava decisamente migliore di quella dei cittadini che abitavano Lost Town. Conduceva una vita più che confortevole.
La donna era soddisfatta della sua posizione. Desiderava godere il più possibile delle gioie della sua giovinezza, della sua bellezza, del comfort e della vita che l'attendeva.
I suoi piedi si fermarono. Un paio di scarpe esposte in una vetrina avevano catturato la sua attenzione. Erano scarpe a decoltè di un rosa pallido. L'inverno era appena cominciato, ma la collezione primaverile era già stata esposta. Le scarpe a decoltè rosa risplendevano illuminate dalle luci dell'esposizione: eccole lì, prima di ogni altro negozio; più veloce di chiunque altro; entra, entra; vieni avanti, vieni avanti...la stavano invitando.
La Holy Celebration si sarebbe tenuta la settimana successiva. Si trattava del giorno che segnava la fondazione della Città. In tutta la Città si organizzavano feste ed eventi commemorativi. Anche la donna progettava di partecipare ad alcune di queste feste.
  Ho deciso, comprerò queste scarpe. Le abbinerò anche un vestito color pesca. Mi starà d'incanto addosso, ne sono praticamente certa.
  Appena un sorriso soddisfatto le aveva ricoperto il viso, si sentì investire da una debolezza improvvisa. Dopo il breve malore, la base del collo cominciò a diventare bollente.
  Cosa mi sta succedendo?...Mi sento stanca...il mio corpo sembra pensante.
  Sentiva le gambe pesanti. Si sentiva nauseata.
  Ho bisogno di fermarmi da qualche parte per riposare...
  Entrò in un vicolo tra due negozi. Oltre il vicolo avrebbe dovuto esserci una piccola clinica gestita dall'Ospedale Centrale.
  Devo solo arrivare lì...
  Il collo le stava andando a fuoco. Sentiva come se qualcosa si stesse dimenando freneticamente, al di sotto della sua pelle. Avvertì una sensazione sconosciuta e fastidiosa, come se il suo corpo venisse prosciugato dall'interno.
  Cosa...?
  Barcollò ed infine crollò a terra. La borsetta le cadde dalle mani, aprendosi e disperdendo il suo contenuto sul pavimento. La donna allungò la mano per raccogliere i suoi effetti personali, ma lanciò un urlo appena si rese conto di quello che i suoi occhi le stavano mostrando.
  Macchie...macchie nere, come placche senili e diverse di loro, stavano comparendo lungo braccia e mani. La pelle stava perdendo rapidamente i liquidi e cominciava a screpolarsi.
  Non è possibile...cosa...cosa sta succedendo...?
  La donna afferrò il suo specchietto e, timorosamente, diede un'occhiata al suo interno. Lanciò di nuovo un urlo. Ma anche la sua voce risultava secca e ne venne fuori solo un sussurro.
  Il mio viso...il mio bellissimo viso...
  Il suo viso, così bello fino a pochi istanti prima, stava mutando rapidamente davanti ai suoi stessi occhi. Le rughe increspavano la pelle, numerose e orribili macchie la sfiguravano e anche quei capelli, di cui andava così fiera, stavano cominciando a cadere.
  Sentiva qualcosa che si agitava chiaramente alla base del collo. Qualcosa di vivo si trovava all'interno del suo corpo. La donna, paralizzata dalla paura, si rese conto che qualcosa stava assumendo il controllo del suo essere.
  No, aiutatemi...mamma...papà...salvatemi...
  I visi di sua madre e di suo padre comparvero davanti ai suoi occhi.
  Mamma, Papà...
  Le sue dita, estese in una supplica, riuscirono ad afferrare solo aria. Stremata, si lasciò infine andare e perse conoscenza.
***
  Karan si sedette su di una panchina e sospirò, uno dei tanti sospiri sfuggiti dalle sue labbra, quel giorno. Sapeva che sospirare era un gesto inutile. Avrebbe potuto gridare o gettarsi a terra, ma la realtà non avrebbe compiuto nemmeno un passo. Non sarebbe cambiata affatto. Allora, aveva deciso, avrebbe dovuto continuare a opporsi ad essa. Avrebbe raddrizzato le spalle, alzato la testa e avrebbe continuato a guardare davanti a sé con dignità.
  Questo era ciò che si era prefissata, ma un attimo dopo, un sospiro sarebbe sfuggito di nuovo alle sue labbra.
  Non c'è nulla che io possa fare. Sono completamente impotente...
  Karan tentò di aprire i palmi di entrambe le mani sul grembo. I raggi gentili del sole invernale illuminavano i suoi palmi bianchi. Avvertì un ennesimo sospiro che si apprestava a venir fuori.
Quel giorno Karan aveva chiuso il suo piccolo forno, in un angolo di Lost Town e aveva passato metà della sua giornata vagabondando senza meta. Si era messa in viaggio con l'intenzione di visitare Safu, nella casa che la ragazza divideva con sua nonna nel prestigioso quartiere di Cronos.
Se un residente veniva riconosciuto, dalla Città, superiore in uno dei numerosi settori, otteneva di diritto il permesso di vivere in Cronos, indipendentemente da sesso, formazione e organizzazione famigliare. La Città avrebbe provveduto a fornire un'abitazione, così come un ambiente ideale per la crescita e lo sviluppo di ciascun'abilità.
  Quando suo figlio Shion era stato giudicato di livello superiore per intelligenza, nel suo esame nei due anni di vita, anche a Karan era stata garantita residenza nella sontuosa Cronos. Arrangiamenti per una vita confortevole e sicurezza economica per tutta la vita...in qualità di élite, grazie a quel figlio che si sarebbe eventualmente fatto strada tra i gradini più alti della società, Karan ricopriva una posizione che molti invidiavano e bramavano.
  Una posizione che molti invidiavano e desideravano...era una vita di comfort, libera dai disagi e dalle pene del domani; libera da qualunque preoccupazione, che sia essa fame o violenza; una vita dove gli ambienti domestici, la sicurezza, l'igiene e le condizioni fisiche erano tutte monitorate con minuzia.
  Karan strinse lentamente i pugni. Le sue dita, sempre soffici e lisce quando viveva in Cronos, erano diventate ora ruvide e rovinate a causa del suo lavoro in Lost Town, e in casi particolari, la sua pelle arrivava a screpolarsi al punto da sanguinare.
Ma fino al momento in cui ho perso Shion, ero più felice di quando mi trovavo in Cronos. Molto più felice.
  Karan non si era mai abituata del tutto a quella vita, gestita e controllata fin nel più piccolo aspetto ed iniziava a temere che i suoi nervi avrebbero finito per sfaldarsi. Era per quello che, quando Shion aveva infranto un taboo, con l'inconcepibile atto di dare asilo ad un evaso, aveva provato...più che sorpresa, più che disperazione...un senso di liberazione, nientedimeno. Aveva quasi provato gioia alla notizia.
  Certo, nella sua mente comprendeva che tutti i privilegi speciali, di cui avevano beneficiato fino a quel momento, sarebbero stati revocati, compreso il diritto di vivere in Cronos, e che la strada per il futuro di Shion sarebbe stata sbarrata per sempre. Ma in qualche modo, aveva provato comunque gioia.
  Anziché reprimere le azioni di suo figlio, avrebbe voluto elogiarle; azioni così sciocche, per qualcuno con un livello di intelligenza così elevato. Shion aveva scelto di gettare via la sua vita in Cronos, con una facilità sconvolgente. Ad una vita agiata, nella più completa sicurezza e con un brillante futuro che lo attendeva a porte spalancate, aveva preferito di proteggere uno sconosciuto, rifugiatosi nella sua stanza in una notte di tempesta. Sì, era stato un gesto sconsiderato. Ma non era stato in errore nell'agire in quel modo.
La decisione di Shion significava che non vedeva valore in quella vita agiata in Cronos. Per suo figlio, costituiva qualcosa che avrebbe potuto gettar via con facilità. Si era solo liberato di qualcosa privo di significato. E questo non poteva essere un errore.
Mamma, mi dispiace”
  La prima notte in cui si erano ritrovati a Lost Town, il dodicenne Shion aveva chinato il capo e aveva chiesto scusa a sua madre.
  “Per cosa ti dispiaci?”
  “Perché.. Mamma, tu... ora sarai costretta ad andare in mezzo alla gente e lavorare”
  Il crimine di Shion era stato di aver soccorso e aiutato a nascondere un violento criminale, riconosciuto con il grado di VC in No.6. In considerazione della giovane età del ragazzo, la sua punizione si era limitata al solo esilio da Cronos, con la conseguente impossibilità di abitare presso qualsiasi area residenziale, all'infuori di quella riservata alle classi più umili, Lost Town. Madre e figlio, nel giro di una notte, erano scivolati dalla vetta più alta, fino al fondo della valle. Per prima cosa, avrebbero dovuto pensare ai mezzi per vivere in futuro.
  “Mi dispiace”
  Il mento teso di suo figlio, dai tratti ancora infantili, tremava vistosamente. Karan portò le braccia intorno alle spalle di suo figlio e lo strinse fermamente a sé.
  “Che cosa stupida da dire” disse dolcemente. “Non dovresti chiedere scusa per qualcosa di simile”
  “Ma...”
  “Shion, chi è la Mamma, tu o io? Ho l'impressione che tu abbia confuso i ruoli” lo rimproverò con falsa serietà. “Sono molto più resistente di quello che immagini. Scommetto che non lo sapevi, non è vero?”
  “No”
  “Allora è qualcosa che puoi attendere di vedere con impazienza. Vedrai quanto può essere tosta la tua mamma, molto presto. Ne resterai sbalordito”
  Tra le sue braccia, Shion sorrise leggermente.
  Quanti anni erano passati dall'ultima volta che aveva abbracciato suo figlio in quel modo? Quel giorno, in quella stanza umida e oscura, che era stata un tempo un deposito per materiali edili, quello che Karan aveva provato, non era stata né disperazione né sofferenza. Ma la grande gioia di sentire il calore di suo figlio tra le sue braccia e un senso di appagamento che solo una madre può conoscere.
  “Che tipo di persona è?”
Huh?”
  “La persona che hai preso sotto la tua ala protettiva. Mi chiedevo che persona fosse. Sono curiosa di sapere...ma non me lo diresti, non è così?”
  Il corpo di Shion si allontanò dal suo come se fosse stato punto. Il broncio e le guance arrossate le sembrarono così divertenti che Karan non potette evitare di sorridere.
  “'notte,” mormorò Shion e, con quell'espressione ancora in volto, corse velocemente fuori dalla stanza. Anche dopo che la porta cigolante si era richiusa con un forte scricchiolio, Karan stava ancora sorridendo.
  Si domandava di che tipo di persona si trattasse. Che tipo di persona aveva spinto Shion ad abbandonare Cronos? Cosa, di questa persona, attirava Shion e lo aveva affascinato così tanto?
  Voleva sapere, ma Shion probabilmente non ne avrebbe mai parlato. Tutti i bambini avrebbero imparato a nascondere i propri sentimenti un giorno o avrebbero incontrato sul loro percorso qualcosa che li avrebbe spinti a farlo e, così, sarebbero divenuti adulti. Forse non sarebbe mai più stata in grado di trarre suo figlio a sé nello stesso modo, senza esitazione.
  Come l'uccellino, che ha messo tutte le penne, dispiega le sue giovani ali per lasciare il nido, allo stesso modo Karan sapeva che un giorno avrebbe dovuto separarsi da suo figlio. Era preparata a questo. Se un giorno avesse potuto vedere suo figlio spiccare il volo, pensava che, come madre, sarebbe stato un evento felice. Così aveva deciso che, a partire dal giorno successivo, ce l'avrebbe messa tutta nel suo lavoro.
  Fedele alla sua promessa, Karan aveva lavorato instancabilmente per quattro anni in Lost Town. Aveva cominciato sfornando pane e vendendolo fuori nelle strade; eventualmente aveva attrezzato un angolo della loro piccola casa come forno e, gradualmente, aveva aumentato la varietà dei suoi prodotti. Il suo pane, economico e gustoso, e le torte che realizzava, iniziarono presto a godere i popolarità tra le strade di Lost Town, dove i cittadini potevano godere di ben pochi piaceri. Con il suo instancabile lavoro, gli affari avevano infine assunto una certa stabilità, permettendo così di supportare il loro piccolo nucleo famigliare di due persone.
I bambini più piccoli si presentavano per comprare muffin, senza fiato e con le monetine strette tra le loro piccole ditine. Un anziano lavoratore veniva a comprare una torta da donare al suo nipotino. C'erano clienti che venivano di mattina presto per comprare le pagnotte appena sfornate.
  Karan era soddisfatta della sua vita in Lost Town. Non si trattava di presunzione; né stava provando a ingannare se stessa. Non le era rimasto il più piccolo attaccamento per la loro vecchia vita in Cronos. Lavorava e raccoglieva i meritati frutti. Questa era una vita che avevano costruito con le loro stesse mani, con i piedi fermamente piantati al suolo. Non avrebbe potuto desiderare niente di più.
Karan era, a modo suo, felice...fino a quando non giunse quel fatidico giorno.
Un giorno, Shion era scomparso improvvisamente. Era uscito al mattino per andare a lavoro, presso l'Ufficio Amministrativo del Parco Forestale, e non aveva fatto mai più ritorno a casa. Questo era lontano dal tipo di separazione per cui si era preparata ad affrontare un giorno come madre. Si era resa conto di quanto fosse stata ingenua e sognatrice, pensando che avrebbe visto suo figlio andar via, spiccando il volo dal suo nido materno.
Era stato arrestato come il presunto colpevole di un violento crimine ed era stato incarcerato all'interno del Penitenziario.
  Quando aveva ricevuto la notizia da parte del Dipartimento di Sicurezza, Karan aveva sperimentato in tutta la sua forza, quanto fosse terribile la disperazione. Disperazione significa essere avvolti nelle spire della più profonda oscurità. L'oscurità si era insinuata nel suo corpo, intorpidendo le sue mani e i suoi piedi. Quanto le era sembrata irresistibile la morte in quel momento.
  Ma c'era stato qualcuno che le aveva restituito la speranza di vivere. Nezumi. L'aveva contattata, facendole sapere che Shion era vivo e si trovava in salvo nel West Block. Le aveva consegnato un piccolo messaggio da parte di suo figlio. Quanto era bella quella piccola luce che aveva iniziato a risplendere nel mezzo della disperazione più oscura.
Mamma, mi dispiace. Sono vivo e sto bene.
  La veloce calligrafia di quelle poche parole si era tramutata in un raggio di luce che aveva squarciato le tenebre ed era divenuta la voce che le aveva sussurrato all'orecchio parole di vita.
  Karan apriva il suo negozio e continuava a sfornare il suo pane. Fino al giorno in cui Shion avrebbe fatto ritorno a casa, lei avrebbe continuato a stringere i denti ed aspettare. Avrebbe continuato ad attendere. Nezumi le aveva dato la forza per farlo. A volte, si sentiva ancora schiacciata dall'ansia e dalla voglia di gridare, ma la vita giornaliera di Karan stava gradualmente riguadagnando una stabilità. Era stato a quel tempo che Safu era comparsa alla sua porta.
  Safu, come Shion, era stata riconosciuta come di rank superiore per la sua intelligenza. Era una ragazza dai larghi occhi neri che risplendevano determinati sul suo viso; e possedeva uno sguardo puro ed onesto. Safu, con le sue poche parole, ma traboccanti di forza e carattere, le aveva confessato il suo amore per Shion e aveva proclamato determinata che sarebbe andata nel West Block per poterlo rivedere.
Per me non ha importanza. Anche se non potessi mai più tornare indietro, non lo rimpiangerei. Se Shion si trova nel West Block, è lì che devo andare
  “Voglio vederlo. Voglio vedere Shion”
  “Io... io lo amo. Dal profondo del mio cuore, l'ho sempre amato... sempre, solo lui”
  La sedicenne aveva pronunciato queste parole, scacciando le lacrime dai suoi occhi; e con la loro semplicità e la loro goffaggine, erano riuscite a toccare il cuore di Karan. Ma anche commossa, non poteva lasciar andare Safu nel West Block. Come madre di Shion e, ancor di più in qualità di adulto, aveva il dovere di fermarla.
  Safu aveva lasciato il negozio e Karan l'aveva seguita poco dopo. Tuttavia, la terribile vista che si era trovata davanti, era stata il rapimento di Safu ad opera degli Ufficiali del Dipartimento di Sicurezza.
  Erano già trascorsi tre giorni da allora.
  “Safu...” esausta, Karan si lasciò sfuggire un ennesimo sospiro dalle labbra. Non aveva la minima idea di cosa avrebbe fatto dopo. Aveva affidato la nota al piccolo topo messaggero. Era tutto quello che aveva potuto fare.
  Nezumi avrebbe salvato la ragazza, come aveva fatto con Shion? Se era già stata imprigionata all'interno del Penitenziario, salvarla sarebbe stato quasi impossibile. Se Shion lo avesse scoperto e si fosse recato al Penitenziario, intenzionato a salvare la ragazza, questa volta suo figlio sarebbe morto sul serio. Forse sono stata avventata. Era impossibile che Nezumi potesse assumersi un rischio simile per salvare una completa sconosciuta. Sentì il suo cuore frantumarsi in mille pezzettini e le sue mani cominciarono a tremare incontrollatamente.
  Karan aveva passato quegli ultimi tre giorni senza nemmeno mangiare o dormire. Era esausta, fisicamente e mentalmente, ma anche così non poteva restare ferma, ed era giunta fino lì, nei pressi dell'abitazione di Safu.
Il prestigioso quartiere di Cronos.
  Ricco di verde e con un tranquillo circondario. Un Sistema di Sicurezza completamente funzionante. Diverse strutture, da quelle mediche a quelle di intrattenimento e commerciali, erano sempre disponibili ed i residenti erano liberi di accedervi mediante il semplice utilizzo della loro ID card. Anche all'interno della Città Santa di No.6, Cronos restava di un livello differente, un domicilio che superava di gran lunga i sogni più proibiti di qualunque cittadino.
  Anche se Karan era stata una residente di questo quartiere per diversi anni, oggi, le veniva negato l'ingresso nelle sue strade. Appena aveva messo piede nel viale di ciottoli che conduceva a Cronos, i cancelli si erano serrati proprio davanti ai suoi occhi.
  Siamo spiacenti. Per motivi di sicurezza, l'area oltre questo punto è accessibile solo ai residenti di Cronos. La ringraziamo per la comprensione. Inoltre, chiunque oltrepassi i cancelli senza un Permesso d'Ingresso Speciale per il Distretto Residenziale, rilasciato dalle autorità, sarà soggetto alla rimozione immediata dall'area, ed è punibile secondo la legge municipale, Articolo 203 Clausola 42. Ripeto: a causa di motivi di sicurezza...
  Continuava a ripetere una cordiale voce femminile. La telecamera di sorveglianza, collegata ai cancelli color gesso, catturò silenziosamente l'immagine di Karan, mentre sostava con i piedi saldi al pavimento. Se fosse rimasta lì immobile, la gentile voce sarebbe stata sostituita da un allarme stridulo e alcuni Ufficiali del Dipartimento di Sicurezza sarebbero accorsi sul posto in breve. Karan non aveva alcuna scelta se non dare le spalle ai cancelli, mordersi le labbra e tornare lungo la strada da cui era arrivata.
  Ed ora, in un angolo del Parco Forestale, si trovava seduta su di una panchina sotto un grosso albero che aveva perso tutte le sue foglie. Restava seduta, fissandosi distrattamente le mani.
  “Shion... Safu...”
  Perché sono così impotente? Ho vissuto per decadi, sono un genitore e sono un adulto, eppure non posso nemmeno aiutare due ragazzi nel mezzo di una crisi. Sono stata in vita così a lungo, eppure...
  Karan sollevò il volto. Un'emozione completamente differente dal timore o l'ansia danzò in un angolo del suo cuore. Negli anni in cui No.6 si era foggiata ed aveva cominciato a maturare come una Città indipendente, Karan aveva vissuto al suo interno come residente.
  Sei Città erano state fondate in questo mondo, edificate sugli innumerevoli errori che l'umanità aveva commesso. Un luogo libero dalle guerre o dalla fame, dove le persone avrebbero potuto vivere finalmente in pace e in libertà. Qui, le persone potevano vivere al sicuro, dalla loro nascita fino alla morte, in tranquillità e felicità. Si supponeva dovesse essere così. Lei non si era mai soffermata a pensare seriamente a tutto questo. I cittadini vivevano nella convinzione che, fino a quando fossero restati in No.6, una vita appagante sarebbe sempre stata loro garantita.
  Ecco cosa pensavano...avevano pensato...era stato insegnato loro a pensare così.
  Strinse i pugni e morse le labbra ancora più forte.
  È tutta una menzogna. Tutto quanto...è solo apparenza.
  Lo sussurrò senza metterlo in parole. Anche se l'inverno era alle porte, stava iniziando a sudare.
  Erano tutti divisi in numerose classi, attraverso i gli ID chip, al punto da non essere nemmeno liberi di muoversi all'interno della Città. Suo figlio era stato preso forzatamente in custodia e non le era permesso nemmeno di presentare un'obiezione formale. Non le riusciva neanche di confermare l'incolumità di un altro residente, che era stato portato via dalle autorità. Dove era questa libertà? Dove erano la pace, la salvezza e la vita di soddisfazioni? Non esistevano affatto.
  Se è così, allora cosa abbiamo fatto per tutto questo tempo? Perché mai abbiamo creato una Città simile? Cosa abbiamo fatto...in cosa abbiamo sbagliato?
  “Mi scusi...”
  Karan venne riportata improvvisamente alla realtà da una voce.
  “Mi dispiace. L'ho spaventata per caso?” Un'anziana signora, che indossava un piccolo cappello azzurro, le stava sorridendo. Era un viso che non aveva mai visto.
  “Ah...oh no, non è nulla” si affrettò Karan a rispondere. “Mi dispiace, ero solo persa nei miei pensieri... posso fare qualcosa...?”
  “Le dispiace se mi siedo accanto a lei?”
Affatto...prego”
  La donna, ancora sorridente, si abbassò a sedere accanto a Karan.
  “Che tempo splendido, non crede anche lei? Si sta davvero bene”
  “Sì, ha ragione” La temperatura in quel momento era l'ultimo dei suoi pensieri. Durante gli ultimi giorni, non aveva provato nulla verso i colori del cielo, il suono del vento o la vista degli alberi.
  “Deve aver pensato che sono una vecchiaccia piuttosto rude per averle rivolto la parola improvvisamente in quel modo, immagino?” disse dolcemente la donna.
  “No no, certo che no. Ero solo un po' sorpresa. Ero assorta nei miei pensieri e non ho nemmeno notato la sua presenza”
  La signora si sistemò sul naso gli occhiali tondi e il suo viso divenne serio.
  “Vede, quello è esattamente il motivo per cui ho deciso di parlarle”
  “Scusi?”
  La donna indossava un anello d'oro. Le sue dita si allungarono per chiudersi intorno alla mano di Karan.
  “Mi dispiace, non volevo offenderla. So molto bene che mi sto comportando inopportunamente” Esitò la signora. “Ma il suo viso aveva un aspetto così turbato, semplicemente non potevo lasciarla qui senza fare nulla”
  Oh, disse Karan delicatamente, le sue mani erano ancora strette in quelle della donna.
  “Ed è per questo che si è presa il disturbo di rivolgermi la parola?”
  “Oh sì. Era lì, in un giorno così bello, in un così splendido pomeriggio, e mi sembrava così pensierosa. Era seduta sola, abbandonata su di una panchina, con il suo capo chino. Sarebbe stato impossibile per me andare via senza dire nulla”
  L'anziana signora rafforzò la presa delle sue dita intorno alle mani di Karan e le racchiuse dolcemente nelle proprie mani.
  “Perché una signora così giovane e bella come lei è seduta qui con una faccia così triste? È successo qualcosa?”
  Il paio di occhi, al di sotto degli occhiali, erano calmi e gentili. Oltre le loro teste, i rami di un albero di faggio ondeggiavano nel vento.
  “ È davvero gentile per preoccuparsi per me. Ho solo avuto qualche problema...”
  “Sì, lo capisco” disse la donna comprensivamente. “Anche nella mia vita c'è stato un tempo in cui mi sono sentita terribilmente oppressa dai problemi” La sua espressione invecchiata ma dignitosa si oscurò leggermente. Il cuore di Karan, per un istante, saltò un battito.
  C'erano altre persone che si ponevano dubbi come lei? Altre persone che soffrivano come lei? Altre persone si erano rese conto delle contraddizioni insite in questa Città che tutti chiamavano Santa?
  “È stata un'esperienza devastante, anche se è successo ormai decine di anni or sono...Ho perso mio figlio a causa di una malattia”
Mio Dio, una malattia” sospirò Karan.
  “Sì, aveva solo tre anni. Quando è morto, ricordo ancora di quanto incontrollabilmente piansi non appena mi resi conto di quanto piccola fosse la sua bara. Lei li comprende, non è vero, i sentimenti di una madre che ha perso il proprio figlio?”
  Karan provò a fare di sì con la testa, ma abbassò il mento prima dell'azione. Shion era ancora vivo. Io non ho ancora perso mio figlio.
  “Ecco, non posso dire davvero di riuscire a capire...” disse lentamente “Ma deve aver sofferto davvero tanto”
  “Indubbiamente, è andata proprio così. Semplici parole non potrebbero descrivere quello che ho passato in quel momento. Molte volte, ho pensato che sarebbe stato meglio se fossi morta anche io con lui. Ora, tuttavia, sono lieta di essere ancora in vita. Non avrei potuto essere più felice, vivere in una Città così brillante, circondata dai miei figli e dai miei adorati nipoti”
  La donna le sorrideva e lasciò vagare lentamente lo sguardo sulla figura di Karan.
  "Avrei tanto voluto che mio figlio potesse crescere qui. No...se le conoscenze mediche di No.6 fossero state le stesse di oggi, sono sicura che non mi averebbe nemmeno lasciata”
  Karan ritirò gentilmente la mano. Lo sguardo dell'anziana vagava nel cielo, mentre continuava a parlare. Le sue labbra erano ancora piegate in su, in un vago sorriso.
  “Davvero, penso che questo posto sia un'Utopia. Sa, spesso ai miei nipotini ripeto queste parole. Dico loro 'dovete essere felici di essere nati qui'. Loro sembrano confusi dalle mie parole, certo...ed è allora che gli racconto del West Block”
  “Il West Block?” il cuore di Karan accelerò nuovamente, per una ragione completamente differente, questa volta.
  “Sì, il West Block. Ha idea di che tipo di posto si tratti?”
  Karan si piegò in avanti. Voleva sapere. Il West Block era il luogo in cui si trovava Shion e voleva conoscerne i dettagli, voleva sapere in che tipo di posto si trovava suo figlio.
  “A dire il vero non ne ho la più vaga idea. Potrebbe dirmelo lei?”
  La signora aggrottò le sopracciglia e scosse la testa.
  “Non ne conosco molto nemmeno io, in realtà. Ma deve sapere, che mio nipote lavora all'Ufficio di Controllo Accessi, ed ogni tanto mi ha raccontato delle storie. Ho sentito che si tratta di un luogo orribile”
Karan cercò di tenere a freno il suo cuore impazzito e mormorò in assenso. Voleva incoraggiare la signora a proseguire la sua storia.
  “Pare che l'igiene in quel posto sia assolutamente atroce ed ho sentito addirittura che i bambini sono costretti a bere acqua contaminata”
  “Contaminata...”
  “Proprio così, non le sembra qualcosa di orribile? Provo tanta pena per loro, che mi duole il cuore. Comparati a quelli, i bambini della Città non potrebbero essere più felici. Non è d'accordo con me?”
  “Cosa? Voglio dire...sì, ma...”
  “è per questo che lì, sono perseguitati da malattie contagiose per tutto il tempo, malattie che non immagineremmo mai, all'interno di No.6. Il crimine è un'occorrenza giornaliera e la sicurezza è quasi del tutto inesistente. I residenti di quel blocco sono tutti ineducati, selvaggi e la maggior parte ucciderebbe un uomo senza battere ciglio, se significasse guadagnare un po' di denaro. Ho sentito che, qualche giorno fa, un gruppo di uomini violenti si è forzato una strada nell'Ufficio di Controllo. Fortunatamente il Sistema di Sicurezza è perfetto, quindi sono stati arrestati prima che riuscissero nemmeno ad entrare. È davvero spaventoso”
  La signora strinse le braccia intorno al suo corpo e rabbrividì.
  “Mio nipote mi ha detto che quel posto è come un inferno, l'ambiente più spregevole, il peggiore che possa esistere. Dev'essere così differente dalla nostra amata Città. Anche noi dobbiamo gioire di essere residenti di No.6...non solo i nostri bambini. Io non ho affatto paura di dire ai miei nipotini quanto sono fortunati ad essere residenti di No.6, comparati al West Block”
  Il West Block. L'ambiente più infimo, peggiore possibile.
  Karan chiuse gli occhi. La calligrafia di Shion le riaffiorò alla mente. Era un semplice scarabocchio, una sola piccola frase. Era leggermente inclinata, una calligrafia distintiva.
Mamma, mi dispiace. Sono vivo e sto bene.
  Quelle lettere erano ricolme di energia. Era una scrittura che radiava un'energia giovanile, e un profondo amore per la vita. Anche ora, suo figlio, era vivo, lì nel West Block. E con quell'intensità, quell'energia, stava continuando a vivere.
  “C'è qualcosa che non va?”
  Alle parole dell'anziana signora, riaprì gli occhi.
  “Si sente male? Vuole che contatti il Dipartimento di Salute e Igiene?”
  Karan scosse leggermente il capo.
  “Non credo”
  “Come?”
  “Non credo che il West Block sia il più infimo e nemmeno il peggiore”
  “Perché, cosa...”
  “E non credo...”
  Non credo nemmeno che questa Città sia un'Utopia.
  Proprio mentre era sul punto di pronunciare quelle parole, udì un suono e, in un turbinio di battiti d'ali, un oggetto nero le arrivò in picchiata sulla testa.
  L'anziana signora lanciò un piccolo grido.
  “Oh, cielo, un corvo!”
  Un corvo, dalle lucenti ali nere, si era posato al suolo, ai piedi di Karan.
  “Che spettacolo molesto” disse la donna a disagio. “Non avevo idea che qui nel Parco Forestale vivessero dei corvi” Disse la signora, aggrottando le sopracciglia.
  “Dopotutto in questo Parco è stato ricreato un ambiente naturale. Penso che la presenza di corvi non sia poi così strana, anche se, probabilmente, non saranno numerosi” rispose Karan. Il corvo si alzò di nuovo in volo. Pensava sarebbe volato via, ma al contrario, dopo aver agitato freneticamente le ali per un paio di volte, atterrò nuovamente, questa volta sulla spalla di un uomo.
  Questa volta fu il turno di Karan di lanciare un piccolo grido. Non aveva affatto notato la presenza di una persona a così poca distanza da loro. Durante la sua conversazione con l'anziana signora, aveva notato diversi passanti susseguirsi: un anziano signore con il suo cane; una ragazzina che si era chinata per cogliere una foglia colorata; un gruppo di ragazzi che sembravano studenti...ma non aveva notato nessuno con un corvo sulla spalla. Quando si era avvicinato così tanto? Da quanto tempo era lì? Trovava questo fatto un po' snervante.
  L'uomo era alto e magro, indossava una giacca marrone chiaro e pantaloni dello stesso colore. Aveva molti capelli, con degli evidenti fili grigi qua e là. Anche i suoi baffi avevano qualche chiazza grigia. Eccetto per il corvo sulla spalla, poteva sembrare un ordinario uomo di mezza età. Era un uomo che Karan non aveva mai visto.
  Tuttavia, con un sorriso stampato sul volto, l'uomo allungò entrambe le mani verso Karan. A quel punto parlò, chiamandola sorprendentemente per nome.
  “Karan, mi sei mancata così tanto”
  “Huh?”
  Prima che avesse il tempo di formulare una risposta sensata, l'uomo afferrò Karan per il braccio e la attirò a se. Il corpo minuto di Karan scomparve con facilità tra le lunghe braccia dell'uomo mentre la circondavano. La stava stringendo talmente forte da non riuscire quasi a respirare.
  “Perdonami” la implorò. “È stata tutta colpa mia. Non farò mai più qualcosa che possa farti soffrire di nuovo. Te lo prometto. Sarai l'unica che amerò per il resto della mia vita”
  “Chiedo scusa, cosa...” balbettò Karan allarmata. “Che cosa f...”
  “Non avevo compreso quanto grande fosse il mio amore per te, fino a quando non ti avevo già persa. Ti prego, ti sto implorando. Promettimi che mi darai un'altra possibilità, Karan”
  Ma cosa, è impazzito?
  Il suo primo pensiero fu che l'uomo davanti a lei fosse fuori di testa. Ma ad una persona pazza non sarebbe mai stato permesso di vagare solo per il suolo cittadino. Poco dopo questo pensiero, notò il battito del cuore dell'uomo. Si trovavano talmente vicini, in quel momento, che poteva sentire il cuore dell'uomo battere contro il suo petto. Il ritmo con cui batteva era calmo. L'uomo non era pazzo, né nervoso. Piuttosto, sembrava avesse il totale autocontrollo sul suo stato d'animo, mentre blaterava, sereno, quelle frasi fatte .
  “Non posso crederci. Ne ho abbastanza!” Spingendo con le sue braccia davanti a sé, Karan si scostò dall'uomo. “Ne ho abbastanza delle tue moine. È finita, non voglio vederti mai più”
  “Karan, io ti amo. Sono davvero, davvero innamorato perso, sono serio” Il corvo gracchiò stridulo dall'alto della spalla dell'uomo, come se si stesse prendendo gioco dei due. L'uomo tossì, schiarendosi la voce imbarazzato e chinò il capo per fissare la donna anziana, che aveva assistito all'intera scena a bocca aperta.
  “Sono davvero desolato per averle mostrato una scena tanto spiacevole”
  “Oh...ah, non ne ha bisogno...” disse la donna esitante. “Dunque, ehm, voi due state...?”
  “Siamo innamorati” rispose l'uomo. “Sono stato uno sciocco e le ho causato così tanto dolore. Volevo solo chiederle scusa e che mi concedesse una seconda possibilità”
  “Capisco. Beh, se è così...”
  “Avremmo alcune questioni importanti di cui discutere, quindi se ci può perdonare...”
  Lo sconosciuto afferrò Karan per il braccio e la donna si ritrovò ad essere letteralmente trascinata via dalla scena. Per l'ennesima volta il corvo gracchiò sonoramente dalla spalle dell'uomo. Presto imboccarono una stradina secondaria, alle spalle dell'Ufficio del Parco...il vecchio luogo di lavoro di Shion...e lasciarono il Parco dall'uscita posteriore, senza che l'uomo profersse una singola parola durante l'intero tragitto. Anche Karan restò in silenzio mentre veniva portata via per il braccio.
  Parcheggiata lungo il marciapiede, si trovava un'automobile bianca. Era un modello piuttosto datato, di quelle che si vedevano raramente per strada, ormai. L'uomo aprì la portiera e parlò senza esitazione.
  “Entra”
  “No, grazie”
  “Entra” ripeté l'uomo. “Ho bisogno di parlarti di qualcosa” In un grosso fruscio di ali, il corvo si lanciò fragorosamente in volo dalla spalla dell'uomo, atterrando nel sedile posteriore dell'auto. Dopo essersi sistemato sul sedile, il corvo fissò Karan e mosse il muso in un gesto improvviso, come per invitarla a seguirlo.
  “Sembra un volatile intelligente” Osservò Karan.
  “Fin troppo per i miei gusti” Il tono paziente dell'uomo le raccontava di quanti problemi doveva avergli causato quel corvo. Il corvo spalancò il becco ed emise un ennesimo schiamazzo. Sembrava quasi che stesse ridendo. Anche Karan si ritrovò a ridere leggermente. Solo dopo aver smesso di ridere, si rese conto che era la prima volta che non lo faceva dopo diversi giorni; erano giorni che non si concedeva nemmeno il più piccolo sorriso.
  Karan continuò a reggere lo sguardo del corvo, mentre si accomodava nel sedile passeggero.
  L'automobile ibrida ad elettricità e benzina proseguiva silenziosamente. Quando emersero in autostrada, l'uomo attivò il pilota automatico e scostò le mani dal volante.
  “Lo sapevi? Sta per essere applicata una nuova normativa interna ed a partire dal prossimo anno, non potremo più utilizzare le automobili a benzina. Ciò significa che non potrò più guidare quest'auto”
  “Ho sentito dire che i carburanti fossili sono quasi del tutto esauriti, ad eccezione del carbone” disse Karan. “Immagino che non ci rimanga poi altra scelta, se non quella di passare ad un'altra fonte di energia”
  “E da chi avresti sentito questo?”
  “Da chi...? Beh, è stato annunciato durante il convegno politico sull'energ...”
  “Per l'esattezza. Un annuncio dalle Autorità. Il discorso del Sindaco, in cui esponeva la sua Politica Amministrativa, parola per parola.” L'uomo distorse i baffi in un sorriso cinico. “Nessuno si pone domande a riguardo. Qualsiasi cosa la Città annunci, è preso per oro colato da tutti e viene accettato senza nemmeno prendersi la briga di fermarsi a riflettere. Dio, ogni persona in questa dannata Città è così obbediente e ingenua. Dubitare chi li comanda è l'ultima cosa che passa loro per la mente. Probabilmente non riuscirebbero nemmeno a concepire di fare una cosa simile, anzi, probabilmente non sarebbero nemmeno disposti a farlo. Sospettare richiede energia; è più facile restarsene lì seduti e buoni, e dire, 'Sì sì, sono d'accordo', a qualsiasi cosa gli venga detto”
  Karan lanciò uno sguardo furtivo al volto dell'uomo.
  Quindi mi staresti dicendo che tu avresti dei sospetti? Mi stai dicendo che anche tu ti poni delle domande, anziché limitarti obbedientemente a fare di sì con la testa?
Si impose di resistere alla tentazione di domandarglielo. Non era saggio parlare di qualcosa di tanto avventato con una persona che conosceva a malapena. Doveva essere cauta, come un piccolo animale che si rannicchia per non farsi scoprire dai predatori.
  Karan si raddrizzò sulla sedia e provò a cambiare il corso della conversazione.
  “Posso farle una domanda?”
  “Spara”
  “Chi è lei e come fa a conoscere il mio nome? Cosa l'ha spinta a recitare quella scenetta strampalata di poco fa, per portarmi fuori di là?”
  “Non credi che 'strampalata' sia una definizione po' crudele?” disse l'uomo ironicamente. “Pensavo di essermela cavata abbastanza bene. Devo dire che anche tu hai recitato egregiamente. Hai la stoffa di un'attrice, pluripremiata potrei dire”
  “Oh, ma grazie” disse Karan scherzando. “Il ruolo dell'eroina romantica, tuttavia, non è qualcosa in cui mi capita di cimentarmi spesso, alla mia età”
  “Beh, non vedo perché no. Sei ancora molto giovane e bella, davvero bella. Potresti interpretare tutte le eroine che desideri, Karan”
  “Dove hai sentito il mio nome?”
  “Dalla mia nipotina”
  “Nipotina?”
  “Dice di essere una tua fan” disse l'uomo. “O probabilmente potrei dire, una fan dei tuoi muffin”
  Un viso piccolo e tondo riaffiorò nella mente di Karan...la ragazzina che veniva sempre al negozio con le monetine strette tra le dita.
  “Signora, non ha intenzione di chiudere il forno, non è vero?” la ragazzina che aveva mostrato sincera apprensione per Karan. Lei, insieme alle parole e gli sguardi di incoraggiamento di molti altri clienti, l'avevano supportata durante quei giorni bui, dopo che Shion era stato imprigionato dal Dipartimento di Sicurezza.
  “Lili”
  “Proprio lei” affermò l'uomo. “La mia adorabile Lili. È la figlia della mia sorellina. Dice di amare i tuoi muffin al formaggio cento volte di più di quanto ami questo suo zietto. Ecco cosa mi ha detto l'ultima volta che l'ho vista”
  “Oh, cielo”
  “Mi sono sentito offeso, così ho pensato di scommettere due centesimi dei miei soldi per quei tuoi muffin e provare a dargli un morso...” l'uomo fece finta di masticare con la bocca. Tirò fuori la punta della lingua e si leccò le labbra.
  “E li ha trovati buoni, non è così?”
  “Lo erano. Odio ammetterlo, ma erano deliziosi. Immagino che fosse impossibile che Lili non li amasse più di un vecchio zio che compare davanti a lei solo una volta ogni tanto”
  “Beh” disse Karan, “Almeno adesso so che lei è lo zio di Lili e che ha appreso il mio nome da quella sua adorabile nipotina”
  “Grazie per la comprensione. Pensavi fossi una persona sospetta, per caso?”
  “A dire il vero lo penso ancora. E quella sceneggiata di poco fa? Sembrava morisse dalla voglia di portarmi via da quella rispettabile signora”
  “Ci puoi scommettere. Quella donna era pericolosa”
  “Pericolosa?”
  L'auto svoltò lentamente. Stavano entrando in Lost Town. Era sicuro assumere che l'uomo la stava accompagnando a casa.
  La vecchia auto avanzava lungo lo stesso percorso che aveva compiuto Karan quella mattina, immersa nei suoi pensieri. Aveva chiuso il forno per una giornata. Forse Lili era delusa?
  “Eri ad un passo dal dare voce alle tue insoddisfazioni verso questa Città, non ho ragione?”
  Non penso che questa Città sia un Utopia.
  Indubbiamente, era stata sul punto di dire quelle parole. Ma era stata interrotta quello stesso momento dal battito delle ali del corvo.
  “Era pericoloso?”
  “C'è una possibilità che potesse esserlo. Cosa avresti fatto se quella signora avesse deciso che costituivi un problema?”
  “Problema? Cosa vuole dire?”
  “Quello che sto dicendo, sarebbe potuta andare dalle autorità e avrebbe potuto dire loro che quella donna, seduta sulla panchina nel parco, era insoddisfatta della Città”
  “Vuole dire che mi avrebbe segretamente consegnata alla Città?”
  “Lo trovi difficile da credere?”
  “Certo che sì” disse Karan impulsivamente. “è un'assurdità. Quella signora era preoccupata per me. Mi aveva rivolto la parola per un atto di gentilezza”
  “Esattamente, perché sembravi così depressa. In quest'Utopia, in No.6, tutti devono essere felici. Persino chi è gravemente malato o ferito non avverte quasi alcun dolore grazie alla tecnologia medica d'avanguardia. Persone con preoccupazioni, o che restano ferme per contemplare qualcosa o che si perdono nei propri pensieri...questo tipo di persone non esistono. Non è permesso loro di esistere”
Non è...” protestò Karan. “Voglio dire, c'è sempre qualcuno seduto su di una panchina che sembra immerso nei propri pensieri”
  L'uomo scosse la testa e sfiorò leggermente un angolo del piccolo monitor incorporato nel cruscotto, che stava mostrando le informazioni stradali. Comparvero sullo schermo alcuni piccoli numeri digitali che indicavano l'ora.
  “Ricordi per quanto tempo sei rimasta seduta su quella panchina?”
  Karan guardò distrattamente i numeri e scosse la testa. Aveva perso completamente la cognizione del tempo. Si era seduta su quella panca contemplando, facendo a pugni con i suoi pensieri e incapace di trovarvi una risposta. Alla fine aveva perso la volontà di alzarsi in piedi e proseguire nel suo cammino.
  “Il tuo limite di tempo è di trenta minuti” mormorò l'uomo.
  “Huh?”
  “Ai cittadini è concesso di spaziare a occhi aperti per un massimo trenta minuti. Restare troppo tempo a riflettere o perdersi nei propri pensieri per un tempo maggiore equivale a sventolare una bandierina che inviti qualcuno a farsi avanti per controllare”
  “Mi sta dicendo...che quella signora mi avrebbe rivolto la parola per investigare, perché sarei rimasta lì a meditare con una faccia triste per diverso tempo?”
  “Non potrei dirlo con certezza” rispose l'uomo. “So solo che c'è una possibilità che potesse essere così. Forse, era per davvero solo un'anziana signora desiderosa di essere gentile e premurosa...il tipo di persona a cui non spiace fare qualcosa di carino, purché non le risulti troppo problematico”
  “Che modo orribile di vedere la cosa”
  “è la verità. Questa Città è gremita di questi autoproclamati buoni Samaritani. Ne è talmente piena, da risultare piuttosto difficile distinguere le persone genuinamente buone di natura. Ma anche così, se quella signora era uno di quei buoni Samaritani, non sarebbe stato un problema. Ma se si fosse trattata di una spia invece? Significherebbe che questa volta l'hai scampata per un pelo, non trovi?”
  Karan non rispose. Non voleva nutrire dei sospetti nei confronti di quella gentile signora. Voleva credere che la donna era una persona dall'animo gentile, che aveva rivolto la parola a lei, una sconosciuta, solo perché genuinamente preoccupata.
  Aveva occhi così gentili, che le sorridevano oltre i vetri degli occhiali...
  Karan tirò un lungo respiro.
  “Quegli occhiali...”
  “Lo hai notato finalmente? Non credi fossero un po' troppo grossi e pesanti per una signora sofisticata come quella? Chi lo sa, forse nascondevano un microfono o un dispositivo di registrazione”
  Karan chiuse gli occhi e lasciò uscire un lungo respiro.
  Trenta minuti era il tempo limite. Non le era concesso di più.
  Riflettere con attenzione su qualcosa; combattere con i propri pensieri; immergere se stessi nel reame della propria mente; e partendo di là, trovare la propria risposta...tutto questo era proibito.
  Nel suo cuore tornarono a riaffiorare le stesse domande.
  Cosa abbiamo fatto per tutto questo tempo? Perché abbiamo creato una Città simile? Dove abbiamo sbagliato?
  Trattenne l'ennesimo sospiro. Si sentiva esausta e avvertiva prosciugarsi dentro di sé la volontà di reagire e la forza di provare rabbia.
  “È possibile che le autorità mi abbiano tenuta sotto osservazione durante tutto questo tempo” disse quietamente. “Devono avermi tenuta sotto stretta sorveglianza, non solo perché persa nei miei pensieri. Dopotutto, sono la madre di un assassino”
  “Non dire così” disse l'uomo deciso. “Non devi buttarti giù.” Il tono della sua voce era quello di un padre che sgrida sua figlia. “Credi davvero che tuo figlio sia un criminale, come ti è stato detto dalle autorità?”
  Karan sollevò lo sguardo dal pavimento e scosse il capo. Non aveva creduto per un singolo istante che suo figlio avesse ucciso qualcuno.
  “L'ho sentito da Lili” continuò l'uomo. “Ha detto che tuo figlio...si chiama Shion, giusto? Dice che è un ragazzo molto gentile. Ogni qual volta le si rompeva un giocattolo, lui si sarebbe sempre offerto per ripararglielo. Mi ha detto che le piaceva molto di più di questo suo zio, anche se i tuoi muffin restano imbattuti. Si stava addirittura domandando se avesse una ragazza”
  “Davvero? Oh, cara” disse Karan, con una punta di sorriso nella voce.
  “È sfrontata, non trovi? Si comporta già da piccola donna. Ma per quanto la mia nipotina sia in gamba, non riesce, ahimè, a rendersi conto di quanto sia attraente questo suo zio. Mi domando come l'abbia cresciuta mia sorella”
  “E se dovessi chiedere a Lili, riuscirei a scoprire quale è il nome di questo fantomatico affascinante zio e quale è il suo lavoro?”
  L'uomo rise alle parole di Karan e sfiorò di nuovo il pannello con un tocco leggero.
  “Dio solo sa cosa potrebbe accadere se lo chiedessi a Lili. Probabilmente ti direbbe che Zio Yoming è un uomo strambo, che compare a casa sua, mangia fino a scoppiare, per poi dileguarsi di nuovo com'è arrivato.”
  “Dunque Yoming è il suo nome”
  “Esatto. E questo è il mio lavoro”
  Il pannello si riempì con immagini di pane, torte e altri cibi leggeri, seguiti da contenuti calorici e informazioni nutrizionali, prezzo e nome del negozio che li serviva.
  “Gestisco una newsgroup elettronica con notizie sui vari tipi di intrattenimento che è possibile trovare in zona, in tutte le zone ad eccezione di Cronos. Non è un granché, a parte cene ed eventi stagionali, che sono la maggior parte degli argomenti di cui tratto. Visto che la città gestisce direttamente le informazioni riguardanti rappresentazioni teatrali, concerti ed editoria stampata, non restano poi tanti argomenti su cui scrivere, oltre cibi e bevande. Il Dipartimento dell'Alimentazione è fuori questione; è impossibile che possa entrare a farvi parte... quindi mi limito a scrivere di dove poter mangiare una buona torta o un buon posto dove pranzare o roba simile. Faccio quello che posso. A dire il vero, i miei articoli sono piuttosto popolari. Voglio dire, dopotutto, in Lost Town non c'è poi così tanto da fare per divertirsi, oltre che mangiare e bere, quindi tutti sono avidi di informazioni”
  “Quindi, per caso, lei è...”
  “Esattamente” disse l'uomo energicamente. “Vorrei scrivere un articolo sul pane e le torte del tuo forno, con una particolare attenzione a quei tuoi strepitosi muffin. Mi concederesti un intervista, dunque?”
  “È davvero sicuro di voler scrivere del mio negozio?” disse Karan preoccupata. “Non crede che le autorità possano rivolgere l'attenzione su di lei, in questo modo?”
  “Non mi importa se le autorità decidono di tenermi d'occhio o vogliono coinvolgermi e quant'altro. Non posso permettere che quei muffin deliziosi restino senza un'adeguata pubblicità” Si fermò. “Anche se, probabilmente, Lili non ne sarebbe troppo felice, se una folla di clienti arrivasse a spazzolarle via tutti i tuoi vassoi di muffin. Zio, non riesci mai a farne una buona, mi direbbe probabilmente”
  “Oh, Dio ce ne scampi” sorrise Karan. “...ma il mio forno è finito sul notiziario in precedenza, con l'incidente di mio figlio e quello che ne è derivato. Anche se gli abitanti di Lost Town continuano a frequentarlo...cosa penseranno gli abitanti delle altre aree?”
  Yoming scrollò le spalle e cancellò l'immagine sul pannello touch-screen.
  “Karan, le persone di questa Città non hanno una buona memoria, quando si tratta di ricordare degli avvenimenti passati” La sua voce era bassa e difficile da comprendere.
  “Loro dimenticano tutto nel giro di un attimo. Non importa quanto un incidente possa essere serio, dalla loro memoria svanisce in un attimo. Andato. E il peggio è che non si pongono nessun dubbio, non riescono nemmeno a concepire la possibilità che potrebbe esserci qualcosa oltre la superficie. Ricordare, dubitare, contemplare. È difficile che possano fare qualcosa di simile. Ma non c'è nemmeno il bisogno che si scomodino a farlo...il giorno va avanti comunque, perchè mai scomodarsi? Che posto terribile è questo”
  Le parole di Yoming suonavano così tanto come un'aperta critica alla presente condizione della Città, che Karan si ritrovò a raddrizzarsi nel sedile dell'auto che occupava. Se questa conversazione avesse raggiunto orecchie esterne, chi lo sa quali conseguenze avrebbe scatenato. Come se avesse percepito l'agitazione di Karan, Yoming rilassò il viso in un sorriso e sventolò la mano con nonchalance.
  “Non preoccuparti. Quest'auto è equipaggiata con un dispositivo anti-registrazione. Ma chi lo sa, forse tutte le nuove automobili sul mercato dal prossimo anno avranno un dispositivo di registrazione incorporato”
  “Yoming, perché è così critico nei confronti della Città? Perché è così certo che questo sia un posto terrificante?”
  Dopo un breve silenzio, Yoming sfiorò per tre volte il touch-screen.
  L'immagine del giovane volto delicato di una donna prese forma. Un bambino dormiva tra le sue braccia, avvolto in una copertina bianca. Il sorriso della donna era radioso con la gioia della maternità. I capelli castani, tagliati in un corto caschetto, le circondavano il viso attento e pieno di energia e il suo gentile sorriso era di quelli difficili da dimenticare.
  “Mia moglie. E quello tra le sue braccia è il nostro bambino. Questa fotografia risale a molto tempo fa”
  “È accaduto qualcosa a sua...?”
  “Allo stesso modo di tuo figlio, un giorno è uscita di casa e non ha mai più fatto ritorno. L'unica differenza dal tuo caso è che il nostro bambino è scomparso con lei e che il caso è stato archiviato come persona scomparsa”
  Il respiro di Karan si mozzò in gola. Il modo calmo e pacato con cui Yoming parlava, rendeva quello che stava ascoltando ancora più scioccante.
  É la stessa cosa accaduta a Shion...qualcun altro ha vissuto lo stesso inferno.
  “Era una maestra d'asilo” disse Yoming con voce bassa. “Insegnava musica ed arte ai bambini come Lili. Diceva che nessun altro lavoro sarebbe stato più appropriato per lei. Amava dire ai suoi bambini che bisognava fare tesoro, in qualunque circostanza, dei sentimenti che si celano all'interno del cuore. Che si fosse trattato di disegnare o di scrivere una canzone, diceva che la cosa più importante era guardare dritto negli occhi i propri sentimenti e le proprie emozioni, ed esprimerle con il cuore in mano”
  “È meraviglioso...” sospirò Karan, “Non credo di aver sentito parole così toccanti da molto tempo”
  “Già. Era una persona meravigliosa, riusciva a toccare i cuori di molte persone. Aveva una ferma convinzione e insegnava ai suoi bambini seguendo il suo cuore. Ma presto cominciò a ricevere ammonimenti e ordini sempre più rigidi dal Dipartimento Educativo... le dissero che doveva attenersi ad insegnare ai bambini ciò che era scritto sui libri. I libri pubblicati da loro, ovviamente. Naturalmente, lei si rifiutò...e venne licenziata dal suo lavoro. Le venne revocata la licenza, perchè dichiarata non idonea all'insegnamento. Durante quel periodo ci furono diversi insegnanti che, come lei, vennero rimossi dalle loro posizioni. Non ne avevi mai sentito nulla a riguard o, non è così?”
  “Non ne avevo idea...non riesco nemmeno a ricordare...”
  “Non c'è bisogno di sentirti in colpa. È naturale che tu non lo sapessi” disse Yoming in tono grave. “La notizia non venne divulgata all'epoca. A quel tempo, le autorità avevano già cominciato a manipolare le informazioni. Ed eccoli, i semi di un sistema che avrebbe finito con l'impedire la divulgazione di quelle informazioni concrete che avrebbero potuto rivelarsi verità scomode
  L'automobile stava percorrendo ormai le strade di Lost Town. Questo distretto era sempre il meno curato, l'ultimo ad essere rinnovato nelle strutture, ed un'area caotica e disordinata. Nel mezzo del suo instancabile ronzio, Karan si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo.
  “Stava pensando di aprire una scuola per i bambini, insieme ad altri insegnanti esiliati come lei...sognava un insegnamento più libero dalle influenze delle autorità. Quel giorno era uscita per un meeting, per discutere dei progetti sulla costruzione di questa scuola...e non è più tornata”
  Yoming strinse il suo pugno e colpì lo sterzo. Il corvo lanciò un grido malinconico dal sedile posteriore.
  “Io non dimenticherò mai” disse a denti stretti. “Non importa cosa accadrà, io non dimenticherò mai. Manterrò la sua memoria viva nella mia mente. Era una mattina nuvolosa e sembrava stesse per piovere da un momento all'altro. Io dovevo andare dal dentista, perché il mio mal di denti si stava facendo insopportabile. Avevo la giornata libera dal lavoro e avrei dovuto badare io a nostro figlio quel giorno. Ma scelse di portarlo con sé, perchè non fossi costretto a restare a casa. Lo adagiò nel suo carrozzino, con la cappottina blu; lei indossava una giacca beige. C'erano dei piccoli fiori ricamati sul petto. Ci promettemmo che se il mio mal di denti fosse migliorato entro il pomeriggio e se non avesse piovuto, saremmo andati al Parco Forestale per una passeggiata. Alla porta ci salutammo con un bacio. Diedi anche un bacio al mio bambino sulla piccola guancia. Lui mi sorrise e scalciò con i piedini. Indossava dei piccoli calzini bianchi. Anche su di essi c'erano dei piccoli fiorellini ricamati. Erano delle violette. Lo ricordo ancora. Non ho ancora dimenticato una singola cosa. Non potrei mai dimenticare”
  “Yoming...”
  L'auto si fermò.
  Siete giunti a destinazione, annunciò il navigatore dell'auto. Camminarono verso l'ingresso del forno di Karan.
  “Mi dispiace. Mi sono lasciato un po' trasportare” disse Yoming. “Scortese da parte mia, visto che ci siamo appena incontrati”
  “No...” disse Karan dolcemente. “Grazie per avermi accompagnata a casa”
  Si fermò incerta. Si stava domandando se fosse prudente raccontagli di Safu. Non riusciva a decidere se poteva fidarsi completamente dell'uomo davanti a lei.
  “Signora!”
  Non appena scese dall'auto, qualcuno si fiondò a tutta velocità contro la vita di Karan.
  “Oh, Lili”
  “Signora, come mai si è presa un giorno di pausa oggi? Si sente male?”
  Yoming chiamò sua nipote dall'interno dell'automobile.
  “Lili, va tutto bene, tranquilla. La signora qui presente aveva solo bisogno di sbrigare alcune faccende. Sono sicuro che domani ti preparerà i tuoi amati muffin”
  Lili chiuse e riaprì le palpebre e spalancò la bocca.
  “Hei, ma sei tu, Zio Yoming? Sei tornato di nuovo per scroccare la cena? Perché compari sempre quando la mamma prepara pollo con i funghi?”
  “Visto? Ecco cosa ottengo io. È orribile, non trovi?” Yoming sorrise amaramente e si allungò in avanti per sbirciare il volto di Karan “Se te la senti, cerca di aprire il forno domani. E continua a farlo. Hai un lavoro da fare, Karan”
  “Certamente”
  “Non buttarti mai giù. Non puoi arrenderti, qualsiasi cosa accade. È solo quando ti arrendi alla disperazione e decidi che non resta ormai più nulla da fare, che perdi davvero. Arrendersi potrebbe sembrare la scelta più facile...”
  Karan mise una mano sulla testolina della piccola Lili e scosse la propria con decisione.
  “No, non ho intenzione di arrendermi. Ho delle responsabilità”
  “Responsabilità?”
  “Sì. Sono un'adulta e ho vissuto fianco a fianco con questa Città per un lungo tempo ormai. Ho fatto del mio meglio per vivere con dignità, ma se il risultato è questa città che abbiamo ottenuto...allora noi tutti abbiamo commesso un grandissimo errore lungo la strada. Non so dove abbiamo sbagliato...ma so per certo che ho il dovere di assumermi la responsabilità per tutto questo. Non possiamo permettere che bambini come Lili soffrano a causa di un crimine di cui non sono loro i colpevoli, giusto?”
  “Shh...!” Yoming sollevò un dito ammonitore. Una giovane donna, sulla sua bicicletta, accelerò oltre l'automobile. “Posso capire come ti senti, ma non pronunciare mai parole simili ad alta voce, qui fuori. Non puoi mai sapere chi ti sta ascoltando”
  Lili ridacchiò e tirò la gonna di Karan.
  “Zio-Yo è sempre così sospettoso. Sembra un gattino terrorizzato, anche se è un omone grande e grosso”
  “Quando diventerai grande, Lili, comincerai a capire quali sono le cose davvero spaventose”
  “Io penso che la mamma è la cosa più spaventosa di tutte, quando si arrabbia” disse Lili convinta. “Fa davvero, davvero paura, lo sai? Anche papà dice che la mamma gli fa tanta paura”
  “Ah, è vero, hai ragione” rispose Yoming con un tono di voce serio.“Sono d'accordo, la tua mammina può diventare davvero spaventosa a volte”
  Karan scoppiò a ridere. Aveva sentito spesso la madre di Lili rimproverare sua figlia, con una voce talmente potente, che sembrava difficile immaginare provenisse da quel corpo così sottile.
  “Lili, Yoming ed anche il signor-Corvo...se avete tempo, vi andrebbe di fermarvi un attimo? Non potrò servirvi muffin, ma potrei preparare velocemente alcuni pancake”
  “Davvero? Yay!” Lili strinse forte la mano di Karan. Le sue mani erano soffici. Il cuore di Karan si gonfiò di un amore traboccante.
  Non posso permettere che questa piccola bambina passi quello che hanno passato Shion e Safu. E devo riuscire a salvare quei due in qualche modo. Sì...noi abbiamo delle responsabilità da assumerci.
  I suoi occhi incrociarono quelli di Yoming, i quali, dello stesso colore delle piume di corvo, la fissarono a loro volta. Karan fece di sì con il capo e aprì la porta.
  “Lili, entra pure. Anche lei, Yoming. Ci sono ancora molte cose di cui mi piacerebbe parlarle”
  In quel momento un piccolo punto nero volò attraverso il suo campo visivo. Udì un ronzio di ali.
  “Qualcosa non va?” Yoming seguì lo sguardo di Karan e si diede un occhiata intorno, mentre usciva dall'auto.
  “C'era un insetto...penso di aver visto volare un'ape”
  “Un'ape? Farà ancora caldo, ma non dovrebbero essere ancora attive in questo periodo”
  “Credo che tu abbia ragione”
  Era inverno. Era impossibile che ci fossero api in quel periodo. Seppur ne avesse appena vista una, doveva essersi trattato di un singolo insetto, uscito allo scoperto, attratto dal calore e dalla luce del sole. Ma perchè non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione di presagio che le stava attanagliando il cuore?
  “Signora?”
  Lili guardò verso l'alto, fissando il viso di Karan, immobile sulla soglia della porta.
  “Oh, scusami. Entra pure”
  Devono essere solo i miei nervi tesi. Sarà solo la stanchezza che mi gioca degli scherzi. Karan rassicurò se stessa, aprendo infine la porta. Avanzò di un passo all'interno della stanza e scosse il capo vigorosamente, come per scacciare via dalla sua mente quel suono ronzante che sembrava essersi conficcato nelle orecchie.
-fine capitolo -
-------
- note -
  [1] traduzione italiana presa di qui.
Neruda, Pablo. "VIII: White Bee." Twenty Love Poems and a Song of Despair. Trans. William S. Merwin. New York: Penguin Books, 2004.


5 commenti:

  1. Cavolo, trenta minuti per essere pensierosi e poi arriva qualcuno a interrogarti!
    Ammazza che despotismo, e che vecchiette!
    E' strano, Karan conosce i fondatori della città (mi è parso di capire nell'anime e anche qui) allora come mai non ne è coinvolta, come mai non è ai vertici?
    Come mai sembra all'oscuro di tante cose?
    Aspetto di saperlo!
    Grazie per il tuo lavoro, vado a mangiare sennò svengo!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. differenze di età, da quello che ho capito. Nella foto con i fondatori, Karan era poco più che una ragazzina (15-16 anni, penso), mentre i fondatori erano universitari e oltre, in teoria (23-25 anni?).

      Elimina
  2. Mio Dio che sistema chiuso e controllato nei minimi dettagli. Aumenta i miei sospetti.
    Mi faccio sempre domande tipo "quanta libertà abbiamo nel nostro mondo?"- "Cosa ci è permesso dire e fare,cosa viene censurato e modificato ai nostri occhi? Quante informazioni ci vengono tolde o omesse?" probabilmente sono tutte idee stupide che ho. . ma a volte penso che siano vere.
    Bel capitolo. Karan è una madre fantastica.

    RispondiElimina
  3. Oddioooo come ho potuto dimenticarmi del personaggio di Yoming?! E' vero che ho visto l'anime parecchi mesi fa, ma... Ma... Yoming è troppo amore, è una vergogna che me lo fossi dimenticato!
    Leggere il romanzo è veramente fantastico, oltre a farmi riscoprire tutti i personaggi mi fa rivivere le stesse emozioni che ho provato guardando l'anime, spesso in modo ancora più intenso...

    ...LA MIA VITA E' FANTASTICA 8D
    E mi stavo chiedendo una cosa: se traducessi questa tua versione di No.6 in francese, infrangerei qualche copyright? Mi è parso di capire che il romanzo è stato pubblicato in Francia, ma è assolutamente introvabile, come se non esistese... E conosco un sacco di persone che non parlano italiano ma muoiono dalla voglia di leggere questo romanzo...
    Forse la mia domanda è stupida, ma non so bene a chi chiedere questo tipo di cose e la voglia di tradurre è sempre più forte... Spero che risponderai -w-

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ciao, scusami se non ho risposto agli altri commenti ma li ho letti solo di sfuggita (ahh, troppo poco tempo ultimamente q.q), quindi innanzi tutto benvenuta, mi fa piacere ti stia piacendo la novel perchè la adoro da morire Q_Q.
      Riguardo la tua domanda... non saprei proprio cosa dirti... a primo acchito direi subito che il copyright dovrebbe ancora valere, ma a dire il vero non sono affatto esperta di argomenti simili, dunque non saprei dirti (anzi, sono sicura che anche la mia traduzione non sia legale, sono alquanto al sicuro per ora perchè non ci sono interessi di diritti in italia, ma non si sa mai). Non mi permetto di darti "consigli", ma se dovessi scegliere di procedere ugualmente nella traduzione, non avrei nulla in contrario se partissi dalla mia, anche se, a dire il vero, tende ad essere parecchio libera negli adattamenti (significato è lo stesso, ci sono cose che non mi suonano in italiano, quindi adatto un po'... non so quanto sia vasta la tua conoscenza d'inglese, ma forse sarebbe meglio seguire il testo inglese?
      p.s... da quello che so, il testo francese è fermo al 5 o 6 volume... potresti magari tradurre i rimanenti libri, dato che è interrotto da anni senza segno di voler continuare....

      Elimina