Volume 7
Capitolo 2
***
Se l'animo umano
***
Se l'animo umano potesse completamente svanire, probabilmente una persona riuscirebbe a trovare maggior felicità. Eppure, anche così, l'umanità in ciascuno di noi ne prova terrore come verso null'altro. Per una persona, perdere le proprie memorie d'essere umano... quale assoluto terrificante, atroce e doloroso evento dev'essere!
-Nakajima Atsushi, Sangetsuki [1]
Si era svegliata.
Safu si era risvegliata e ora riusciva finalmente a comprendere tutto.
Era finalmente consapevole di quanto le era accaduto.
Cosa hai fatto... che cosa hai fatto... che cosa hai fatto?
”Mio dio, Safu. Cosa c'è? Guarda come fluttuano le tue emozioni. Per quanto tempo intendi continuare ad agitarti in quel modo? Che ragazzina problematica, che spreco per la tua bellezza.” L'uomo ridacchiò. “Ah, scherzavo, scherzavo, un banalissimo scherzo. Non è affatto vero, non dar peso a quello che ho detto. Sei sempre bellissima, meravigliosa. E un enorme successo, anche. Finora, è andato tutto esattamente secondo i piani. E naturalmente, non vi saranno intoppi neppure in futuro.” Disse continuando a sogghignare.
Dalla sua posizione accanto alla ragazza, l'uomo continuava a ridere.
Demonio.
Eri un demonio, allora...
Perché – perché – per quale ragione mi hai fatto una cosa simile?
”Non sei solo meravigliosa, anche resiliente. Per me sei la persona ideale, Safu, lascia che te lo dica. In fin dei conti, non riesco a mentire con te. Al... al principio ho disposto che venissi prelevata solo perché avevo bisogno di un campione e pensavo di trattarti come un qualunque altro saggio. Oh, spero mi perdonerai, non voglio che tu mi disprezzi in quel modo. Non immaginavo saresti stata tanto forte e meravigliosa. Safu, tu mi hai stregato. Potrei ripeterlo milioni di volte. Tu sei il mio ideale – esattamente ciò che cercavo. Per questo farò di te una regina. No, qualcuno che prossimo a una divinità. Un'esistenza perfetta. Tu ed io governeremo il mondo insieme. Cosa te ne pare? Non ti sembra elettrizzante come idea?”
Demonio.
Sei un demonio.
Sta lontano da me. Sta lontano da me.
Ma la sua voce non lo raggiungeva.
L'uomo continuava a parlare con fervore, quasi posseduto. Le sue guance erano imporporate da un certo colorito, e proseguiva camminando in circolo, la schiena piegata lievemente in avanti.
Sembrava un pesce in un acquario, che girava, e girava, girava e girava, nuotando in uno spazio ristretto. Girava e girava. Girava e girava.
I piedi dell'uomo calpestavano silenziosamente il pavimento mentre continuava a parlare, forse più con se stesso che con Safu.
”Sei finalmente nelle mie mani. Il materiale ideale. Oh, Safu, non sono uno che crede nel fato; non credo in forze che superano i confini del potere umano, né che i cieli sono in controllo delle nostre vite. Ho sempre deriso e considerato assurde, cose del genere. Però – spero non riderai di me... Dopo averti incontrata, Safu, io, beh ecco... penso di credere almeno un po' nel così detto 'fato'. Forse è la verità, forse esiste davvero un Dio, e sta tentando in questo momento di consegnarmi un potere assoluto. Altrimenti, come spiegheresti che ti ho incontrata proprio in questo modo? Per questo farò di te una dea. Io possiedo il potere per farlo. Oh, già. Ieri ti ho detto che non hai più bisogno di un nome. Certo, sì, è così. Getta via il tuo vecchio nome, te ne conferirò uno degno di una dea.”
I piedi e la lingua dell'uomo non mostravano alcun segno di volersi fermare.
Proseguiva a camminare. Proseguiva a parlare.
”Ma certo, cosa ne dici...” I piedi dell'uomo si fermarono bruscamente e un sorriso gli si allargò lentamente sul volto. “Cosa ne dici di... Elyurias?”
Elyurias?
L'uomo riprese a camminare. Il sorriso beato ancora in volto. “Uno splendido nome, non lo credi anche tu? Indubbiamente, un nome adatto a una regina. Forse ancora più appropriato per qualcuno come te.”
Quest'uomo...
Lo sguardo di Safu si strinse su di lui, fissandolo per la prima volta in modo adeguato.
A primo sguardo, il viso sottile appariva gentile. L'età era difficile da identificare. A seconda di come la luce lo colpiva, poteva apparire molto giovane o incredibilmente vecchio. L'uomo si era completamente estraniato da ciò che lo circondava e continuava a crogiolarsi nel suo mondo, fissando nel vuoto e soliloquiando i propri sentimenti.
Inebriato da se stesso.
Quest'uomo era completamente assorbito in se stesso. Credeva che le proprie abilità fossero pari a un Dio. Era convinto che tutto gli fosse stato consegnato, che tutto gli sarebbe stato perdonato. Per questo... per questo aveva potuto farle qualcosa di simile.
"Ancora un po'... Ancora poco e il mio progetto sarà completo. Tu eri l'ultima pedina. Grazie a te, i pezzi di cui avevo bisogno sono nelle mie mani. Sono finalmente al completo, senz'ombra di dubbio. Ora mi serve solo tempo. Altro tempo. Come ti senti? Vorrei ti sentissi a tuo agio, farei di tutto per questo. Dopotutto, sei una delle cose più importanti della mia vita, in questo momento.”
Li-....
"Cosa? Safu, stavi dicendo qualcosa?”
Liberami. Fammi tornare chi ero prima. Permettimi di rivederlo.
Le sue emozioni ribollivano rabbiose. Un vento che rombava nel suo cuore, ululando fragorosamente. Sentiva di voler gridare a pieni polmoni. Sentiva di voler piangere.
Voglio vederti.
"Oh, cosa c'è? I tuoi valori stanno salendo. Avrai qualche problema nell'adattarti al nuovo ambiente, immagino. Hmm, pensavo che la transizione sarebbe stata più lineare. Oh, no, non intendevo incolparti per questo. Non esiste nulla al mondo per cui t'incolperei... dopotutto, sei il mio tesoro più prezioso. Ti spiacerebbe dormire ancora per un po'? Le cose dovrebbero migliorare, così. Hm? – Mother sembra d'accordo col mio giudizio. Dice che ti prescriverà qualche stabilizzante. Oh, già, non ti ho ancora parlato di lei. Sai, tu e Mother siete direttamente connesse. Mother ha il compito di monitorarti costantemente, in modo da adeguare le tue condizioni al massimo comfort e garantirti il miglior ambiente possibile. È per questo che... lo vedi? Dice che hai bisogno di riposare, adess..."
Un campanello cominciò a suonare stridulo. Le rade estremità delle sopracciglia dell'uomo si sollevarono.
”Cosa? Una chiamata urgente... proprio ora? Che scortes– sì, sono io. Qual'è il problema? Oggi è l'Holy Celebration, non hai niente da fare coi tuoi stessi – cosa? Che hai detto? Spiegati meglio. In città? È accaduto in città... no, non può essere... sì, inviami il video. E anche i campioni, tutto quello che avete raccolto... sì, sto andando... cosa? Già trenta cadaveri? In un solo giorno... dunque è successa una cosa simile... ho capito. Basta così, andrò personalmente sul posto... sì, immediatamente, immediatamente.”
Tutto il sangue era fuggito dal profilo dell'uomo. Le sue labbra erano pallide, secche, cadaveriche. Tremavano incontrollabilmente.
”Un errore. Dev'essere un errore. Non... non può essere accaduta una cosa simile. È semplicemente impossibile.” L'uomo stava praticamente urlando, uscendo dalla stanza in uno stato d'agitazione quasi innaturale. Ogni traccia d'eloquenza e disinvoltura di un attimo prima, svanite senza lasciare segno.
È accaduto qualcosa di simile in città, aveva detto l'uomo. Era accaduto qualcosa all'interno di No. 6? Qualcosa che eccedesse le sue predizioni...?
No. 6, il luogo in cui sono nata e cresciuta. Eppure ho sempre percepito un senso d'inquietudine dibattersi sotto la superficie. Un luogo così bello e confortevole, ma al contempo, così precario... la persistente sensazione che qualcosa fosse sul punto di accadere... è così che mi sono sempre sentita...
Safu poteva sentire la rabbia cominciare gradatamente a placarsi.
Si sentiva assonnata, talmente assonnata da avere la sensazione di svanire. Le era stato iniettato un sonnifero? Quell'uomo le aveva detto di essere connessa con Mother – cosa significava? Mother... oh, ho così tanto sonno.
La sua coscienza si stava facendo confusa. Era diventato difficile pensare. In simili frangenti, c'era sempre una figura che riaffiorava nella sua mente.
Shion.
Provò a invocare il suo nome. Shion sorrideva, annuendo debolmente. Non poteva essere un'illusione. La scena era così vivida, così concreta, come se fosse esattamente davanti ai suoi occhi.
Hei, Shion. Quand'è che è successo? Ricordo che il sole stava tramontando. Il vento era piuttosto gelido, non è vero? C'era stata la prima neve solo il giorno precedente, e il sentiero era completamente bagnato. Noi camminavamo fianco a fianco. Te lo ricordi? Non l'hai dimenticato, vero?
Ed io stavo chiamando il tuo nome, non è vero?
Shion.
La ragazza chiamò di nuovo il suo nome e Shion, ancora una volta, le sorrise.
”Cosa c'è, Safu?”
”No... volevo solo..."
”Solo?”
”Volevo solo chiamare il tuo nome. Riflettendoci, 'Shion' è un nome davvero molto bello. È il nome di un fiore.”
”Avevi bisogno di rifletterci con attenzione per capire che ti piaceva?”
La ragazza fece una piccola risata. “Allora, che fiore è uno 'shion'?”
”Uh... un fiore perenne, parte della famiglia Asteraceae, se non sbaglio. Lo stelo cresce fino a 1,5 metri d'altezza e fiorisce con capolini viola chiaro...” [2]
”Shion, non è una spiegazione sul fiore che volevo sentire. Informazioni del genere potrei ottenerle facilmente.”
”Cosa volevi sapere, allora?”
”Qualcosa che non potrei ottenere con altrettanta facilità.”
”Ottenere facilmente... hmm, sembra un indovinello. Se non volevi sentire del fiore Aster, allora... mhh, non ne ho idea. Cosa vorresti sapere, Safu?”
Voglio sapere di te, Shion.
Vorrei conoscerti meglio. Chi è stato a darti quel nome? Ti piace? Quand'è stata la prima volta che ti ho chiamato per nome? E la prima in cui tu hai chiamato me...?
Shion, non conosco ancora nulla di te.
Conosco le tue abitudini, i cibi che ti piacciono, il modo in cui parli, la tua gentilezza e la tua forza... si, io li conosco. Li conosco molto, molto bene. Però, Shion...
Chi è la persona che insegui? Al fianco di chi, aneli restare? Desiderando chi, il tuo cuore si strugge? Chi c'è dall'altra parte delle tue dita estese? Era così impossibile che potessi esserci io? Doveva necessariamente essere quella persona? Io non so nulla, quindi dimmelo. Vorrei fossi tu a parlarmene, Shion.
Shion.
Safu.
Una voce udita all'improvviso. Scintille che esplodevano tra le nebbie della sua coscienza. Fiori scarlatti che spalancavano i propri petali. Un vento diradò la nebbia sospesa davanti ai suoi occhi e mentre lo scenario si espandeva sotto il suo sguardo, la sua coscienza faceva lentamente ritorno. La voce l'aveva richiamata indietro.
Safu.
Chi sei? Chi mi chiama?
Non era la voce di Shion. Né apparteneva alla sua defunta nonna, o ai suoi genitori. Una voce mai udita prima – non proprio una voce... un suono? Una melodia? Una brezza tra le alte fronde degli alberi, lo spruzzare gentile delle acque, il picchiettare al suolo della pioggia – ecco a cosa assomigliava. Era simile, eppure differente. Un suono che udiva per la prima volta.
Questa... è una canzone...? Qualcosa di meraviglioso, simile a una melodia...
Safu.
Chi è? Chi mi sta chiamando?
Sono io, Safu.
Chi? Chi sei tu?
Io sono Elyurias.
Elyurias...
***
”Shion, ora piantala di dimenarti!” Inukashi schioccò la lingua mentre posava il bambino in un'enorme pentola colma d'acqua calda. Il bambino lo fissava con un largo sorriso, agitando braccia e gambe, e lanciando gridolini gioiosi. L'acqua calda schizzava ovunque, inzuppandogli l'orlo della camicia.
"Smettila di fare il monello. Cavoli, certo che siamo proprio paffutelli, e?”
Le mani, i piedi, e il suo pancino; l'intero corpo del bambino era pieno e soffice. Ogni dito, ogni capello sprizzava energia vitale.
Che tipo strano, diverso da qualunque bambino che conosco. Completamente differente. Talmente diverso che a volte mi ritrovo immobile a fissarlo.
I bambini che Inukashi conosceva avevano sempre la Morte in agguato in loro attesa, pronta a balzare ai loro piedi da un momento all'altro. Vite strappate prima di avere l'opportunità per proteggere se stessi. Questi erano i bambini che lui conosceva. Malnutrizione, malattie, gelo; un letto non così differente da una discarica. Qual'era la percentuale di bambini che riuscivano a sopravvivere fino ai 5 anni d'età, nel West Block? Cinquanta percento? No, forse non raggiungeva addirittura il trenta. Alcuni venivano uccisi dai loro stessi genitori, in modo da avere una bocca in meno da sfamare. Inukashi ne aveva conosciuti un'infinità che sembravano esser venuti al mondo al solo scopo di morire. Per un breve periodo aveva seppellito bambini per vivere, anche se i suoi “Funerali” consistevano unicamente nello scavare una fossa dove sotterrare i cadaveri. Non era così differente dallo scavare una tomba per un cane. Riteneva che i bambini accompagnati dal cordoglio del padre o il dolore di una madre fossero ancora fortunati; molto spesso, era lui il solo a porgere l'estremo saluto. Nessuno lasciava una preghiera, o ancor meno un solo fiore per quel semplice sepolcro, un cumulo rialzato di terriccio sormontato da una pietra. Col tempo, persino la consapevolezza che si trattasse di una tomba sarebbe andata perduta.
Solitamente i bambini morivano con le bocche leggermente dischiuse. Di rado, attraverso le loro palpebre socchiuse, poteva vedere un paio d'occhi sorprendentemente innocenti che lo fissavano assenti.
Certo. Non riuscivano neppure a reggersi in piedi. Figuriamoci se avessero avuto modo di macchiarsi.
Il suo cuore non si era mai lasciato affliggere, ammucchiando il terriccio su un piccolo corpo. Non aveva mai avvertito dolore, né lacrime.
Buon per te che sei morto così presto. Sei stato fortunato. Non sarai costretto a soffrire ancora. Queste erano le uniche parole che avrebbe detto loro.
Hey, piccolo, per quanti mesi sei riuscito a sopravvivere? Due? Tre? Hai resistito per mezzo anno? È sufficiente, allora. Non pensarci nemmeno di reincarnarti, finiresti solo col rivivere lo stesso fato. Se lo desideri così tanto, torna come erbaccia che cresce ai margini di una strada, o come cucciolo, piuttosto. Saresti cento volte più felice. Mi hai sentito, non è vero? Non nascere mai più essere umano. Ecco un'altra cosa che avrebbe detto loro.
Era il suo personale modo di porgere loro l'ultimo saluto.
Nezumi avrebbe cantato. Una canzone di commiato per un'anima spirata quando ancora innocente – Inukashi ignorava se esistesse davvero una canzone del genere, ma sapeva che Nezumi l'avrebbe cantata. Ma sai una cosa, Nezumi? I morti non sanno che farsene di una canzone. Uno sul punto di morire potrebbe averne bisogno, ma un morto non più.
I morti tornano alla terra, trasformandosi nuovamente in suolo. Anche i bambini fanno lo stesso, e lo stesso faremo anche tu e io un giorno.
Quando si rese conto che i propri pensieri si erano nuovamente spostati su Nezumi senza volerlo, Inukashi scosse vigorosamente il capo, incrociando l'indice e il medio. Era il suo personale portafortuna contro i demoni.
Per Inukashi, Nezumi era qualcosa che rasentava un demone. Più detestabile della Morte stessa.
Fino a un certo punto, la Morte riesci anche a evitarla, ammesso che non abbassi mai la guardia. Puoi tenerla lontano, puoi ingannarla. Ma quello lì? Non si fa nessuno scrupolo a manipolare le persone, fino a spingerle con le spalle al muro. Ti coinvolge nei suoi pericoli, sbattendosene dei tuoi interessi e dei tuoi problemi. Arriverebbe a servirsi addirittura della merda di un cane, se potesse tornargli utile. È furbo, spaventosamente calcolatore, ed è capace di manovrarti a piacimento con una facilità impressionante. Ugh, ora basta. Se non avesse avuto quella sua abilità come cantante, non avrei mai avuto niente a che fare con lui. Mai. Oh – cavoli, ecco che lo penso di nuovo. Non devo prestargli nemmeno un secondo dei miei pensieri, o finirò per essere ingannato dalla sua diavoleria. Dovrei saperlo bene ormai – che diavolo mi prende oggi?
”Forza, Shion. Fa' anche tu gli scongiuri, così il demone non verrà a prenderti. Se finisci completamente soggiogato dai suoi incantesimi come il tuo Papà, non ci sarà più niente da fare. Ecco. Incrocia insieme le dita, così. Vedi?”
”Bah-booohh, boo-boo!” dal suo bagnetto Shion sollevò un gioioso gridolino. Era strano – un bambino davvero strano, indubbiamente. Nemmeno una traccia di Morte poteva vedere in lui.
Nella loro stanza tra le rovine dell'hotel, le mura erano semi crollate, le finestre infrante e un gelido spiffero riusciva puntualmente a trovare la propria via fino all'interno dell'edificio. Un luogo solo vagamente più confortevole dell'esterno. Rikiga era riuscito in qualche modo a procurargli del latte, anche se bastava a malapena, e Inukashi era costretto a compensarne l'assenza con latte canino e brodo vegetale.
Il bambino, probabilmente, era molto più fortunato della maggior parte dei suoi coetanei nel West Block, ma restava comunque gravemente deprivato.
Eppure il piccolo Shion agitava manine e piedi costantemente euforico, ridendo e lanciando versetti verso Inukashi. La sua pelle era di colorito salutare, ed era pieno, paffuto, e sprizzante d'energia. Inukashi poteva persino giurare che il bambino fosse cresciuto negli ultimi due o tre giorni.
I suoi occhi rilucevano di vita, la pelle era liscia e la voce energica. Il bambino sembrava quasi avvolto da un invisibile scudo, che lo proteggeva dai molteplici pericoli e innumerevoli malattie in agguato in quel mondo.
Uno strano bambino.
”Hey, Inukashi,” lo chiamò una voce sgradevole, profonda e fangosa.
Cavoli, non dico di cambiarti la faccia, ma fa qualcosa almeno per quella voce, un minimo di classe...
”Cosa diavolo fai? Fermati immediatamente!” Un rumore di passi e Shion gli venne strappato dalle braccia. La pentola vacillò, schizzando acqua calda ovunque.
”Che problema c'è, mo'?” si lamentò Inukashi.
”Scherzi? Piantala immediatamente!” Rikiga strinse a sé il bambino nudo, ritraendosi lentamente. “Inukashi – hai davvero esagerato. Non è così che si comporta un essere umano.”
”Huh?”
”Non ti vergogni? Certo, sarai più un cane che un persona, ma non significa che non debba esserci un briciolo di buon senso in te.”
”Buon senso? Non che cazzate simili siano di qualche utilità, ma immagino di averne comunque più di te, vecchio.”
Rikiga distorse il suo paonazzo volto ubriaco in un cipiglio, ritirandosi di un altro passo.
Cazzo gli piglia a 'sto vecchiaccio?
”Pensavo avessi più decenza, per un ragazzo-cane. Inukashi, non so quanta fame tu abbia per arrivare a compiere un gesto simile, ma mangiare un bambino? Devi essere davvero un mostro. Hai gettato via persino il tuo cuore umano?”
”Huh? Che diavolo vai blaterando?”
”Non fare il finto tonto con me. Tu – stavi cercando di bollire Shion. Volevi mangiarlo.”
Inukashi fissò Rikiga per un lungo istante. Non batteva nemmeno le palpebre. Poteva sentire una risata adunarsi e solleticargli il petto.
”Co-cosa c'è di tanto divertente? Bastardo senza un briciolo d'umanità.”
Dopo essere rimasto piegato in due dalle risate per diverso tempo, Inukashi si asciugò la bocca col dorso della mano.
”Ho riso così tanto da sbavare. Ah, vecchio, sapessi cosa ti sei perso! Fossi arrivato anche mezz'ora più tardi, ti avrei offerto dell'ottimo stufato di bambino. Da mangiarne fino a sazietà.”
”Co-come se avrei mangiato una cosa simile! Preferirei morire di fame, piuttosto. E poi, cosa stavi..."
”Un bagnetto.”
”Huh?”
”Gli stavo facendo il bagnetto.”
”In una pentola?”
”Ovvio. Quella è la pentola che uso per preparare da mangiare ai cani. È della dimensione migliore per fare il bagno a un bambino. Certo, se proprio insisti a volermi procurare una vaschetta d'alta qualità per il bagnetto, vecchio, sarei davvero lieto di usarla.”
”Uh.... io, bhe... ecco...”
Inukashi scrollò le spalle con un gesto esagerato.
”Ma devo ammetterlo, non immaginavo t'importasse così tanto del piccolo Shion, vecchio. Sono sbalordito. Pensavo fossi gentile solo coi tuoi soldi, liquori e donzelle. Che sorpresa.”
”Certo che m'importa” disse Rikiga indignato. “Non sono mica come te, io. Possiedo ancora un decente animo umano. Non accomunarmi a gente come voi.”
”Gente come noi? Faccio parte anch'io di quel gruppo?”
”Tu ed Eve. Chi altri, se no?”
Inukashi scrollò di nuovo le spalle. “E va bene, se ci tieni così tanto, perché non lo prendi tu?”
”Huh?”
”Ficcati il bambino sotto il cappotto e portatelo a casa. Riesco già a immaginare il perfetto adulto che diventerà, cresciuto da un vecchio gentiluomo come te. Una testa vuota all'altezza del tuo adorato Shion.”
Rikiga scosse energicamente il capo.
”Non se ne parla, non posso farlo. Inukashi, perdonami. Non sei un bastardo disumano. Mi spiace d'averti messo allo stesso piano di Eve, quella volpe astuta. Ti chiedo perdono, sono davvero mortificato. Dev'esserci qualcosa che non va in me. Ahahah – ma certo, sì, un bagnetto. I bambini adorano fare il bagno! Non è magnifico, Shion? Sei contento d'essere stato trovato da una persona così gentile? Sei davvero fortunato.”
Rikiga strofinò la guancia contro quella del bambino, che scoppiò prontamente in lacrime, spalancando la bocca, e irrigidendo gambe e braccia estese. Un vecchio cane assopito al di sotto del tavolo sollevò il capo, stringendo gli occhi con sospetto.
”Oh – hey, e dai, non piangere. Piantala d'agitarti, o rischierai di cadere.”
Il bambino non smetteva di piangere. Singhiozzava, allungando le mani verso Inukashi. Il ragazzo lo strappò da Rikiga quasi di riflesso. Non appena le braccia si strinsero fermamente intorno al piccolo corpo, il pianto si fermò all'istante.
”Cavoli, così gli farai beccare un raffreddore. Se s'ammala è colpa tua, vecchio, gliele paghi tu le medicine. Devi avere freddo, huh, Shion? Ti rimetto subito in acqua. Ecco fatto, ora ti riscalderai.”
Un paffuto braccino si estese, sfiorando la guancia di Inukashi con le dita.
”Mamma.”
Le lacrime avevano lasciato segni rigati contro le piccole guance lisce.
”Mamma.”
Inukashi si sentì stringere cuore e qualcosa agitarsi nel profondo del suo corpo. Si ritrovò quasi a trattenere il respiro alla calda, smisurata, travolgente emozione che stava crescendo dentro di lui.
”Mamma.”
Sì, Shion, lo so. Era solo uno scherzo. Uno stupido scherzo, perdonami. Va tutto bene adesso, sono qui. Non ti darò mai via a un ubriacone come quello.... no, non ti darò via a nessuno. Te lo prometto, Shion. Te lo giuro.
Rikiga lanciò un occhiata al fagottino tra le braccia di Inukashi, esalando un respiro carico d'alcool.
”Mamma” ripeté facendo eco al bambino.
”Cosa, senti la mancanza della Mamma, vecchio?”
”Mia madre è finita sottoterra tempo fa. S'è entrata in quella tomba quando avevo 10 anni. Da allora non ha mai provato a uscirci.”
”Deve starci davvero comoda, lì dentro,” lo canzonò Inukashi. “E comunque, dubito le piacerebbe vedere com'è s'è rovinato suo figlio. Forse è per quello che preferisce non uscire.”
”Chi è che si sarebbe rovinato? Comunque, riguardo il piccolo Shion...”
”Cosa?”
”Ti ha chiamato Mamma.”
”L'ho sentito anch'io.”
”Ma perché proprio 'Mamma'?”
”Boh.”
”Mamma.”
”Vedi? L'ha fatto di nuovo.”
Inukashi depositò Shion di nuovo nell'acqua calda. Doveva trovare il bagnetto piuttosto confortevole, dato il sorriso rilassato che aveva gli adornava il volto. Una radiosità che rievocava cose meravigliose, piacevoli, emozionanti.
Non avevo idea che i bambini fossero creature tanto adorabili.
”Ma perché 'Mamma', Inukashi?” Insistette Rikiga.
”I bambini chiamano 'Mamma' chiunque, vecchio. Difficile a credersi, ma persino tu piangevi in cerca della tua mammina diversi decenni fa. Smettevi di piangere quando ti piazzavano una moneta d'oro tra le mani anche allora, per caso?”
”Senti chi parla” rispose Rikiga. “Il bue che chiama cornuto l'asino, sei attaccato al danaro esattamente quanto me.”
”Hah, e stà zitto.”
Creature così adorabili. Non ne avevo idea.
I bambini che aveva seppellito senza la minima emozione – nel gelido e duro terreno, nell'arido suolo battuto dal sole, nella terra resa melmosa dalla pioggia stagionale – solo ora per la prima volta, dedicava i propri pensieri a ciascuno di loro.
Possibile che Shion non sia il solo? Forse, anche quel bambino era una creatura preziosa? Anche quell'altro? E quell'altro ancora...? Se è davvero così, allora... non avrebbero dovuto morire in quel modo... non ha senso. Che senso aveva dover morire tanto magri, con la pelle così aggrinzita da sembrare appartenuta ad una vecchia? Esalare l'ultimo respiro con occhi pieni d'innocenza, senza la più piccola traccia d'odio, senza conoscere nemmeno come si fa a odiare. Come quello che ho seppellito sotto quell'arbusto di caprifogli, o quello a cui ho scavato la tomba lì, nella terra rossa; o quello che ho seppellito avvolto negli stracci, o quell'altro, o quell'altro ancora, o quell'altro lì... – ciascuno di loro avrebbe dovuto essere più amato. Non sarebbe dovuto essere forzato a morire così.
Tu non morire, Shion. Devi vivere. Vivi e diventa grande. E soprattutto… impara a odiare, impara ad amare.
"Muh-muhhh."
Inukashi sollevò il bambino tra le braccia, affrettandosi a rivestirlo. Come in attesa del suo turno, una cagna nera si tirò in piedi da un materasso, attraverso le cui cuciture strappate fuoriusciva imbottitura in cotone. Inukashi lo aveva pescato tra le macerie del mercato. Era sbiadito, consumato in più punti, e più somigliante a uno straccio che altro, ma guardandolo con attenzione era possibile scorgere un'adorabile decorazione di pulcini. Forse era appartenuto proprio a un bambino come Shion; forse, nel giorno della Caccia, il suo proprietario dormiva immerso nel mondo dei sogni in quello stesso materasso.
"A te... tutto tuo adesso” disse al cane. Appena venne disteso accanto all'animale, il bambino si attaccò immediatamente alla sua mammella. Succhiava avidamente, emettendo piccoli gorgoglii dalla gola.
"Piuttosto capellona come balia.”
"Abbiamo tutte le fanciulle capellone che vuoi” rispose Inukashi. “Brune, rosse, candide, maculate. Interessato a una notte con una signora a tua scelta?”
Rikiga ignorò il sarcasmo, abbandonandosi a un sospiro.
"Un bambino nutrito con latte di cane... impressionante. Ma siamo sicuri andrà bene? Dio ce ne scampi, se tra poco comincerà ad abbaiare.”
"Ha appena detto 'Mamma', no?”
Rikiga fissò Shion, sospirando nuovamente.
"Vecchio.”
"Cosa?”
"È tutto pronto?”
Il viso di Rikiga si voltò lentamente verso Inukashi. “Sì.” Disse, puntando pigramente una sacca nera sul tavolo.
"Ottimo. Andiamo, allora.” Inukashi sollevò la borsa che risultava piuttosto pesante. Rikiga corrugò le sopracciglia, riluttante.
"Inukashi... perché non lasciamo perdere?”
"Lasciar perdere?”
"Dimentichiamoci dell'intera faccenda.”
"Ce ne dimentichiamo, e poi?”
"Ce ne strisciamo in silenzio, ciascuno nella propria tana. Non credi... sarebbe la cosa migliore?”
"Ovviamente.” Sarebbe meglio per davvero. La penso così cento volte più di te, vecchio. Tornarmene nella mia tana e scordarmi di tutto...
Quella sarebbe stata una fredda notte, anche se non gelida al punto da congelare. Con accanto i suoi cani sarebbe riuscito a sottrarsi facilmente al freddo, e qualche attimo prima si era riempito lo stomaco di vecchi biscotti e una buona zuppa di bietole. In altre parole, in questo momento potrei ritenermi piuttosto soddisfatto. Se potessi sdraiarmi coi miei cani e abbandonarmi a un sonno profondo...
Sarebbe davvero bello.
"Ho ragione, no?” continuò Rikiga. “Allora, perché non lo facciamo per davvero? Tu hai il piccolo Shion a cui pensare, è compito tuo proteggerlo. Se ti accadesse qualcosa, chi si prenderebbe cura di lui? Pensaci.”
"Ci sono i cani, lo crescerebbero anche senza di me. Proprio come ha fatto la mamma.”
"Sì, ma... Inukashi, parliamoci chiaramente. Io valuto la mia vita esattamente quanto te, non intendo immischiarmi in nulla di pericoloso. Appunto per questo...” proseguì esitante, “Lasciamo perdere. Dimentichiamoci dell'intera faccenda, come se non fosse mai accaduta. Cosa ne dici, eh?”
"E cosa accadrà a Shion e Nezumi? Hai intenzione di abbandonarli?”
"Quei due sono già morti, è impossibile siano ancora vivi. Si trovavano esattamente al centro dell'attacco, come possono essere sopravvissuti? Lo sai bene anche tu... è inutile, vorresti mettere in gioco le nostre vite per qualcosa di totalmente vano. Fermiamoci qui, dammi retta. È la cosa migliore, credimi.”
"Vecchio.”
Alla vista del suo sguardo, Rikiga tirò in dietro il mento.
"–cosa?”
"Basta chiacchiere. È quasi ora. Andiamo.”
"Inukashi!”
"Io vado. Se intendi tirarti indietro, vecchio, fallo pure. Sai che me ne frega? Però, la borsa viene con me.”
"Perché, Inukashi? Perché sei così deciso ad adempiere al tuo dovere verso di loro? Hai sempre agito da solo, esattamente come me. Posso capire Shion, ma spingerti a tanto per uno come Eve...”
"È uno di noi.”
"Huh?”
"Sono nostri compagni, non posso abbandonarli.”
Gli occhi scuri di Rikiga si guardarono celermente intorno; la bocca distorta nell'espressione disgustata di qualcuno costretto a inghiottire qualcosa di amaro. Cominciò a grattarsi furiosamente il mento arrossato.
"La tua battuta non fa nemmeno ridere” Rispose Rikiga aspramente. “Non hai il minimo gusto, al solo ascoltarti mi viene la nausea.”
"Cavoli, con tutte quelle sbornie, il tuo stomaco sarà ormai un colabrodo. Ascolta il mio consiglio, lascia perdere gli alcolici, lo dico per il tuo bene. Anche se... probabilmente per te sarà già troppo tardi, ormai. Heheh, però, non sembravo piuttosto ganzo un attimo fa? Quasi adorabile, non trovi?”
"Razza d'idiota. Non posso credere che riesci a sganciare certe frasi imbarazzanti con tanta naturalezza. Forse hai del potenziale, potresti diventare un attore come Eve. Non scherziamo,” sputò. “Una volpe è più che sufficiente.”
Inukashi digrignò i denti in una risata deliberatamente volgare. La bocca di Rikiga si distorse ancora di più.
"Gli unici 'compagni' che riconosci sono i tuoi cani” disse. “Hai sempre riposto scarsissima fiducia negli esseri umani. Continua a sparare castronerie simili e un giorno ti ritroverai con la lingua marcita.”
"Ooh, non sia mai” rispose Inukashi sarcasticamente. “E va bene, parliamo con franchezza, allora. Tu per primo.”
"Io–" cominciò Rikiga. “Bhe, come ho detto, preferisco lasciar perdere. Mi pare di avertelo già detto.”
"Dici sul serio?”
"Sono un uomo onesto, io. Non è mia abitudine mentire.”
"Non riesco nemmeno a ridere alla tua battuta. Altro che lingua, occhio che non ti si marcisca e cada direttamente la mandibola. Quanti soldi hai speso per la roba dentro quella borsa, huh, vecchio? Nezumi te ne avrà certamente dati parecchi, ma nella migliore delle ipotesi saranno bastati a malapena per arrotondare le spese, tu stesso avrai.... no, probabilmente ci avrai anche rimesso. Se ora corri a nasconderti con la coda tra le gambe, avrai speso quei soldi inutilmente. La sopporteresti davvero una cosa simile? Certo che no. Sei davvero il tipo d'uomo capace di tirarsi indietro e accettare le proprie perdite? Hmm, persino un ragazzino puro e innocente come me lo trova difficile da credere.”
Al fischio di Inukashi, un paio di cani distesi accanto alla parete scattarono in piedi. Fischiò una seconda volta, questa volta un tono vagamente più forte del precedente.
Formando un cerchio con l'uomo nel mezzo, i cani circondarono Rikiga, senza emettere il minimo ringhio.
"Non credere siano semplici cani un po' cresciutelli” disse Inukashi. “Questi sono stati addestrati come cani da guardia fin dalla nascita. Li ho addestrati personalmente, t'accorgerai che non si tratta di cani comuni. Come potrei definirli... certo, truppe d'élite, addestrate esclusivamente per l'offesa. Sono capaci di attaccarsi alla gola di un uomo – dio, persino a quella di una tigre, se gliel'ordinassi. Peccato non abbiamo tigri qui attorno... però, ci sono esseri umani.”
Rikiga si afferrò la gola, indietreggiando. Un terrore pronunciato galleggiava nei suoi occhi arrossati.
"Inukashi... ora basta col tuo stupido scherzo.” Era consapevole non si trattava affatto di uno scherzo. La sua voce era incrinata, la paura negli occhi ancora più accesa.
Reprimendo qualunque emozione, Inukashi proseguiva in tono piatto. Una voce fredda e imperscrutabile può risultare molto più temibile di amarezza e aggressività; era stato Nezumi a insegnarglielo.
"Solo Nezumi è riuscito a sfuggire loro, e non con facilità. Sono riusciti ad azzannargli una spalla, una ferita piuttosto profonda. Non ha emesso fiato, ma dev'essere stato piuttosto doloroso, immagino.”
"Quell'Eve, huh... quale impresa.”
"Hmph” Inukashi aspirò sdegnosamente col naso. “Se conosci trucchetti migliori di quelli di Nezumi potresti riuscire a cavartela, vecchio. Altrimenti..."
"Come se fossi in grado di sgambettare a destra e a manca come Eve. Ultimamente, persino le scale mi lasciano senza fiato, non che sia qualcosa di cui vantarsi.” Rikiga sospirò profondamente, allentando la presa intorno alla gola. “E va bene, Inukashi, hai vinto. Siamo nel tuo regno, dopotutto. Potrei provarci quanto mi pare ma non sarò mai in grado di vincere.”
"Ti senti in vena di sincerità adesso?”
Rikiga lanciò un'occhiata al suo volto, come per studiarne l'umore.
"Cominci a somigliare sempre più a Eve. Non lasciare che ti avveleni, non ne ricaverai niente di buono. A dire il vero, potrebbe essere già troppo tardi ormai.”
"Quello era il consiglio più utile che m'hai dato da quando ti conosco, vecchio. Grazie, ma non hai da preoccuparti. Finita questa storia, mi libererò di lui una volta per sempre.”
Questa era la sua onesta intenzione.
Inukashi non amava avere a che fare con Nezumi. Non riusciva a leggerlo, né a comprenderlo; ciononostante, Nezumi esercitava uno strano magnetismo su di lui, si era ritrovato imprigionato nella sua rete. Proprio come aveva detto Rikiga, si era lasciato avvelenare.
Pericoloso, quel tipo è estremamente pericoloso. Devo liberarmene.
"Liberartene? Intendi andartene?” domandò Rikiga.
"Mai. Questo è il mio regno, non lo lascerei per nessuna ragione. Non abbandonerei questo luogo nemmeno se l'esercito di No. 6 in persona venisse a buttarlo giù. Me ne libererò, ma non sarò io ad andarmene, sarà lo stesso Nezumi a farlo.”
"Eve?”
"Yup. Quell'attore imbroglione.” Inukashi si leccò le labbra asciutte. Il cane che accudiva Shion si esibì in un largo sbadiglio.
"Quello è un vagabondo. È apparso in questo luogo dal nulla, decidendo all'improvviso di fermarsi. Prima o poi, tornerà a girovagare di nuovo. È come una nuvola capricciosa, si scatena per un po' con la sua pioggia, per poi sparire oltre le montagne.”
"Capito. Dunque è questo che pensi di lui.”
"Quello che mi aspetto che faccia.”
Io vivrò in queste terre per il resto della mia vita, ma lui probabilmente svanirà un giorno.
Un istinto che avvertiva fin nelle viscere. Non disponeva di prove, né aveva udito nulla dallo stesso Nezumi. Si trattava di una semplice sensazione, ma sospettava di non essere così lontano dalla realtà.
Come nuvole che attraversano il cielo guidate dal vento, come petali cosparsi sulla superficie di un fiume... allo stesso modo, prima o poi, svanirà dalla nostra vista.
Non vedo l'ora.
"Bhe, ora basta parlare di Nezumi. E basta parlare anche di me. Non rimani che tu, vecchio. Allora? Perché hai cercato di distrarmi dal piano? Perché spingerti fino a quella patetica farsa per farmi lasciar perdere?”
Rikiga corrugò le labbra come faceva spesso il piccolo Shion. Su di un bambino paffutello il gesto risultava adorabile, ma su di un uomo di mezz'età arrossato dall'alcol poteva essere piuttosto rivoltante. Inukashi distolse lo sguardo.
"Mi hai frainteso” insistette Rikiga, “Temo solo per la mia vita. Me la sto facendo sotto dalla fifa, a dire il vero. Ero seduto in compagnia di qualche bicchierino, e più ci pensavo, più mi sentivo terrorizzato all'idea di quello che stavamo per fare. Non riuscivo a pensare ad altro se non al fatto che non volessi morire, al punto da diventare insopportabile... non so se per via dell'alcool, ma ultimamente ho l'impressione che una volta che la testa si fissa su un pensiero, non riesco a farla smettere di lavorare. Finisco per fossilizzarmi sempre di più. Lo sai, Inukashi, probabilmente non mi resta molto da vivere.”
Abbassò le spalle, avvilito. I suoi occhi assunsero lo sguardo pietoso di un cucciolo bagnato fradicio. Inukashi aveva provato pena per cuccioli bagnati fradici in passato, accogliendoli spesso addirittura sotto la sua ala protettiva; ma non con gli umani. Ed era ancor meno propenso se l'umano in questione portava con se un carico emotivo.
Inukashi schioccò le dita.
Un enorme cane nero si accovacciò in posizione d'attacco, denudando i canini con un ringhio minaccioso. Lo sguardo puntato apertamente alla sua gola.
Rikiga lanciò un grido terrorizzato. “Ehi, piantala.”
"Non ho tempo per le tue sceneggiate, vecchio. Basta così, ne ho avuto abbastanza. Un'ultima una domanda, con la gola squarciata non potrai più rispondere, nemmeno se lo volessi.”
"No-non sto forse parlando anche adesso?”
"Vecchio, sei stato tu stesso a dirlo – il giorno prima della Caccia. Quando ho detto di volermi tirare indietro, hai cercato di fermarmi in tutti i modi. Ma oggi, dici che sarebbe meglio per tutti e due non avere niente a che fare con questa faccenda. Un bel cambiamento, non credi?”
"Io sono una persona inconsistente. Lo sono sempre stato.”
Il cane nero spalancò di scatto le fauci. Zanne affilate spuntarono in mostra, e saliva cominciò a grondare sul pavimento. Se ne poteva quasi udire il ritmico gocciolio.
Rikiga schioccò la lingua. “Tsk. Sono troppo vecchio farmi minacciare da un moccioso ragazzo-cane come te. E va bene, parlerò. Era quello che volevi, no? D'accordo allora. Dannazione, che seccatura...”
Rikiga estrasse dalla tasca una piccola bottiglia di whisky, prosciugandola in un singolo sorso, e lasciandosi scappare un sonoro rutto.
"Chiedo perdono per l'insolenza, maestà,” disse sarcasticamente. “Dunque, Inukashi – riguardo i presunti strani incidenti che si sarebbero verificati in No. 6. Sembra sia tutto vero. Pare siano cominciati all'improvviso, non m'aspettavo una simile serie d'eventi. Ammetto che mi ha preso del tutto alla sprovvista.”
"E cos'è che sarebbe successo all'improvviso?”
"Dentro quelle mura, sembra che la gente abbia cominciato a morire a destra e a manca.”
"Residenti della Città Santa?”
"Sì. Oggi era – com'è che lo chiamano... il Giorno Santo, una qualche festività particolare per onorare la fondazione della città, hai presente? La gente accorsa per le celebrazioni ha cominciato a collassare una ad una. Pare non ne sia sopravvissuto nemmeno uno, sono morti tutti quanti. Tutti quelli che erano presenti.”
"U–Un incidente? Tipo una fuga di gas tossico o qualcosa di simile..."
"Una cosa simile comporterebbe la morte di un gran numero di persone in un unico luogo, ma sembra che la commozione sia avvenuta in ogni parte della città.”
"Allora cosa – terroristi?”
"Terroristi? Perché, sono mai esistite organizzazioni terroristiche in No. 6? Quella è la città-stato più scrupolosamente monitorata mai esistita. Una città che distrugge tutto ciò che reputa indesiderato, fino all'ultimo scarafaggio. È praticamente impossibile che possano esistere terroristi.”
“Allora cosa?”
"Non ne ho idea. Ho dato solo un'occhiata alle notizie che trapelano da No. 6. Dicevano che un qualche tipo d'incidente s'è verificato nel mezzo delle cerimonie, causando la morte di civili. La cerimonia è stata sospesa a metà.”
"E da dove hai tirato fuori quel 'morti a destra e a manca'? Sicuro di non stare delirando, vecchio?”
Le labbra di Rikiga si piegarono in un sorriso compiaciuto. “Lo sai, ho avuto un lungo rapporto con quella città, possiedo la mia rete d'informazione. Ma, beh... non che sia completamente affidabile, a dire il vero. A ogni modo, se i media hanno parlato di 'alcune morti', devono essercene state decine. Se affermano che non ne è chiara la causa, significa che non ne hanno la più pallida idea. Però, stiamo parlando di No. 6, casa di alcune tra le più brillanti menti scientifiche, cosa diavolo sta accadendo che non sono in grado di risolvere?”
Cosa sta succedendo? Il pensiero gli attraversò la mente per un istante, ma la risposta restava tuttora avvolta nella nebbia. Non riusciva a venirne a capo.
"E tu conosci la risposta, vecchio?”
"Io? Ovviamente no. Fossi stato così abile, non sarei stato qui a farmi minacciare dai tuoi cani. Però – pensaci, Inukashi. Quell'arrogante città si sta spingendo da sola con le spalle al muro, incapace di affrontare i problemi che stanno avvenendo al suo interno. Non ti senti elettrizzato?”
"Bhe, sì...” disse Inukashi piuttosto esitante.
Il sorriso di Rikiga si allargò ancora di più. Sembrava genuinamente felice. Inukashi riconobbe la stessa faccia che avevano i suoi cani quando ricevevano una costata di maiale.
"Non è la prima volta, Inukashi? No. 6 non è mai stata così in preda alla confusione... è la prima volta. Forse accadrà proprio come ha detto Eve, forse No. 6 non resisterà ancora a lungo. Crollerà davvero dall'interno.”
"Già...”
"Lo sai, non ho mai creduto alle parole di quell'ingannevole attore. E nemmeno tu, mi sembra.”
"No.”
"Ma questa volta, forse non ha detto il falso. La città potrebbe essere davvero sul punto di cadere, proprio come aveva predetto Eve. I segni ci sono tutti, e si stanno facendo via via più evidenti. Se è la verità... presto il grande terremoto s'abbatterà su di lei – “ [3]
Rikiga batté sonoramente le mani come per schiacciare qualcosa di invisibile.
" – e la raderà al suolo.”
"Ahh, ora capisco” disse Inukashi. “Tu credi alle parole di Nezumi, vecchio. Credi che la Città Santa possa cadere davvero, così come il Penitenziario. Credi possa verificarsi per davvero e non trattarsi di una semplice favoletta. Il che significa che anche i presunti lingotti conservati nel basamento del Penitenziario comincino a suonarti molto più reali, insieme alla possibilità di mettere le mani su quel tesoro. La possibilità continua a prendere sempre più quota.”
Inukashi puntò un dito al cielo. Rikiga si voltò.
"Ma poi hai cominciato a sentirti riluttante” proseguì Inukashi. “A condividere tutto quel ben di dio con me. Più ci pensavi, più non avevi voglia di dividere il malloppo, così per poter avere piene pretese sul quell'oro, hai inscenato quella pagliacciata. Sei senza speranze, vecchio. Altro che alcool, è stata l'ingordigia a intaccarti il cervello, riducendotelo in poltiglia.”
"Non che tu sia da meno. Sembravi bramoso quanto me di quei galloni dorati. Ti stavi già leccando le dita.”
"Già, sono piuttosto avido, hai ragione. Non nego che il pensiero dell'oro mi lasci con la bava alla bocca; ma permettimi di dire, finora ho cercato di mantenermi neutrale. Ero abbastanza dubbioso che nel basamento ci fosse davvero oro, ma se ti spingi al punto di fare la commedia pur di averlo tutto per te, allora... heh heh, penso proprio di crederci un pochino. Hai detto di aver avuto la tua informazione da una ragazza chiamata Suru, giusto?”
"Già. I dirigenti di No. 6 sono clienti ideali. Una storia raccontata a letto ad una prostituta è destinata a essere attendibile.”
"Capito. Quindi, nello stesso momento, No. 6 viene spazzata via e noi diventiamo ricchi. Sembra grandioso. Talmente grandioso che cominceranno a spuntarmi fiorellini sulla testa, tra poco.”
"Se tutto va bene.”
"Che? Ehi, ora non fare il guastafeste, ne ho abbastanza dei tuoi melodrammi.”
"Non è questo.” Rikiga avanzò verso il davanzale, seguito silenziosamente dai cani.
"Inukashi...”
"Cosa?” scattò Inukashi. “Dobbiamo andare, o..."
"Pensi finirà davvero distrutta?” Un bisbiglio appena udibile. “No. 6, credi scomparirà sul serio dalla faccia della terra?”
"Chi lo sa.” Quella era l'unica risposta che aveva. Fissando fuori dalla finestra, Rikiga continuava a borbottare. Probabilmente, la sua risposta non lo aveva raggiunto.
"Ma... se dovesse succedere davvero... cosa apparirà al suo posto?”
"Huh?”
"Un mondo senza No. 6... una volta scomparsa quella cosa, cosa pensi accadrà? Cosa credi verrà fuori dalle sue ceneri?”
Inukashi si sentiva come se qualcuno lo avesse colpito violentemente sulla spalla. Inalò un respiro, aveva l'impressione di aspirare piccoli pezzetti di vetro insieme all'aria. Il petto gli pizzicava dolorosamente.
Un mondo senza No. 6. Il suo 'dopo'.
Non ci aveva mai pensato.
Non riusciva nemmeno a immaginarlo.
Cosa accadrebbe?
Rinforzò la presa intorno alla manica della borsa.
"Non ne ho idea. Conosco solo una cosa per certo.”
Rikiga si voltò verso di lui, battendo gli occhi.
"Il denaro è sempre denaro. No. 6 potrebbe scomparire domani o durare altri mille anni, non ha importanza. Non importa cosa appare al suo posto, quell'oro resta comunque una montagna di soldi, e questo non cambierà mai.”
"Capisco.” Rikiga scosse il capo con un ampio sorriso. “Sei un tipo tosto, tu. Aha, anche più di Eve, forse. Dovrei stare attento al cane anziché alla volpe, eh?”
L'ambiguità era completamente svanita dal suo tono e il volto era tornato quello dell'alcolizzato che Inukashi ben conosceva. L'espressione di un uomo avido e codardo, che soleva indugiare in alcol e donne, che non viveva di sogni – ma solo nella dura realtà. In qualche modo, Inukashi si sentiva addirittura sollevato.
"Andiamo, vecchio.”
"Sì” questa volta Rikiga rispose prontamente, cominciando a camminare. Allo schioccare delle dita di Inukashi, un paio di cani li precedettero correndo fuori dalla stanza.
"Porti anche loro?”
"Sì. Saranno molto più utili del contenuto di questa borsa.”
Il piccolo Shion cominciò ad agitarsi. La cagna voltò il capo, cominciando a leccare il piccolo con un tocco caldo e gentile. Inukashi ricordava un simile tocco. Il bambino si sarebbe addormentato a momenti, probabilmente.
Ci vediamo, Shion. Resta qui e aspettami. Fa' il bravo bambino e tieni d'occhio la casa insieme ai cani mentre sono via.
Tornerò.
Tornerò da te, un giorno.
Tu aspettami.
”Mamma, mamma, mamma” si sentì chiamare un attimo prima di uscire dalla stanza. Inukashi chiuse gli occhi, chiudendo lentamente la porta dietro di sé.
-fine capitolo-
Note:
[1]tradotto da me. Googlando, ho trovato che Sangetsuki corrisponde a una novel intitolata “Tiger Poet”, uno dei più famosi racconti studiati nelle scuole. Qui c'è una piccola trama a chi interessa :
[3] mi sento male solo a parlare di terremoti, chiedo scusa a chiunque possa sentirsi male o offeso...